Passa ai contenuti principali

"C'è ancora domani", il cammino ancor lungo

di Marina Zinzani

Il film “C’è ancora domani”, per la regia di Paola Cortellesi, da lei interpretato, sta avendo molto successo anche all’estero. Il suo portarci in un’epoca lontana, nel primo dopoguerra, il suo affrontare la dura realtà delle donne di quegli anni, hanno coinvolto lo spettatore.
Qualche racconto delle nonne è riaffiorato, emergono immagini, storie, aneddoti. Le donne imprigionate in una situazione di inferiorità, totalmente dipendenti economicamente dai mariti, il loro dover tacere, lavorare e crescere i figli: è il mondo dietro le spalle che si spera di aver lasciato.
Si è approdati a diritti finalmente riconosciuti. Il potersi affermare delle donne in un lavoro, la loro emancipazione, la loro esistenza non più imprigionata dai pregiudizi significano che qualcosa è cambiato.
È quindi un film importante, che ricorda che le conquiste non cadono mai dall’alto, che si ottengono con coraggio, determinazione, superando le paure.
Eppure, vedendo questo mondo lontano descritto nel film, qualche altro pensiero sorvola qua e là. Si pensa alla maggior parte delle donne d’oggi, che lavorano e che corrono dalla mattina alla sera, dividendosi fra il lavoro e la famiglia, occupandosi anche degli anziani genitori.
È una vita in cui si avverte la difficoltà di conciliare tutto, è una sorta di equilibrismo faticoso. Le conquiste dal dopoguerra in poi bastano a rendere migliore la vita delle donne? Vedendo anche il preoccupante calo demografico e la poca fiducia nel futuro verrebbe da pensare di no, non bastano.
Un altro pensiero che arriva è quello che succede ad alcune donne, e che viene riportato come notizia di cronaca. È qualcosa di insopportabile: la donna vittima di un compagno violento, geloso, ossessivo, paga con la vita il suo desiderio di fuga e di ricominciare un’altra vita, il suo diritto di interrompere una relazione. Qui è difficile parlare di conquiste raggiunte, si è come avvolti dalla nebbia, si fa fatica a trovare le motivazioni di questa violenza quotidiana.
È positivo il messaggio del film, perché mette in luce le zone grigie della cultura di un tempo, ma non si deve dimenticare che la sopraffazione è sempre dietro l’angolo, sotto varie spoglie, e che ogni giorno occorre lavorare per sconfiggerla. C'è ancora domani.

Commenti

Post popolari in questo blog

Il braccio della morte e l'amore tossico: storie parallele di redenzione

(Introduzione a Daniela Barone). La pena capitale interroga la morale di ogni società, ponendo domande cruciali sulla sacralità della vita e sul valore della riabilitazione. Ma cosa succede quando il "braccio della morte" si manifesta anche fuori dalle sbarre, negli affetti tossici e nel controllo psicologico? Questa è la storia intensa dell'epistolario tra Daniela Barone e Richie Rossi, un carcerato americano in attesa della sentenza capitale, che intreccia la riflessione sulla pena di morte con una personale battaglia per la libertà. Un racconto toccante sulla dignità, la speranza e la redenzione. Segue:  a.p.  COMMENTO. 1. Rifiuto etico e sacralità della vita (Daniela Barone - TESTIMONIANZA) ▪️ Non so se fu il film “ Dead Man Walking ” o il libro “ La mia vita nel braccio della morte ” di Richie Rossi a farmi riflettere sul tema della pena capitale; tendo a pensare che le vicende del carcerato americano abbiano determinato il mio rifiuto di una pratica che ritengo crud...

📱 Dipendenza da notifiche e paura di restare fuori: perdersi qualcosa è una gioia

(Introduzione ad a.p.). L’iperconnessione asseconda il bisogno di controllo sulle cose e alimenta l’illusione che tutto, sentimenti e informazioni utili, sia davvero a portata di mano. Ma genera ansia e dipendenza. Questo ciclo vizioso è alimentato dalla chimica del nostro stesso cervello. Perché non pensare ad una "disconnessione felice" scoprendo il gusto di una maggiore libertà e della gioia di perdersi qualcosa?

⛵ In balia delle onde, trovare rotta ed equilibrio nel mare della vita

(a.p. – Introduzione a Cristina Podestà) ▪️ La vita è uno “stare in barca”, dipende da noi trovare la rotta e l’equilibrio. E un po’ di serenità: come quando galleggiavamo in un’altra acqua. Nel ventre materno (Cristina Podestà - TESTO) ▪️La metafora del mare e della barca è piuttosto diffusa nella letteratura, a cominciare da Dante in tutte e tre le cantiche e relativamente a variegate sfumature dell'essere: Caronte, l'angelo nocchiero, il secondo canto del Paradiso; non sono che esempi di una molteplice trattazione del tema del mare e della navigazione. Joseph Conrad dice una frase molto suggestiva, che riprende proprio la similitudine della vita: "La nave dormiva, il mare si stendeva lontano, immenso e caliginoso, come l'immagine della vita, con la superficie scintillante e le profondità senza luce". Spesso è proprio cosi: la superficie è bella, solare, scintillante appunto ma, se si va sotto e si guarda bene, c'è il buio più profondo! La barca di Dante...

⏳ Natale e la tirannia del presente: riscoprire l’attesa

(Introduzione ad a.p.). Abbiamo perso il senso del tempo, limitato al presente precario e fugace: occorre riscoprire il valore dell’attesa e della speranza, che hanno un significato religioso ma anche profondamente laico. L’iperconnessione e la continua ricerca di stimoli ci hanno reso schiavi di una visione frammentata, incapace di guardare oltre l'orizzonte immediato. Il Natale, con la sua simbologia, ci offre un antidoto a questa tirannia. • La corruzione del tempo (a.p.) ▪️ Quanti di noi, ogni momento, sono intenti a guardare il proprio cellulare? Immersi nella connessione perenne, con tutti e tutto, e dunque con niente? C’è l’ingordigia di cogliere qualsiasi aspetto della vita corrente, nell’illusione di viverla più intensamente che in ogni altro modo. Un’abbuffata di notizie, video, contatti con chiunque, senza sensi di colpa per questo sperdimento continuo del nostro esistere. Questo è il sintomo di una società dominata dalla "paura di restare fuori" e dalla ricerc...

🎵 Baby Gang e responsabilità: quando sceglievamo l’ultimo LP di Battiato

(Introduzione a Maria Cristina Capitoni). Di fronte agli episodi di cronaca che vedono protagonisti i giovani e le cosiddette "baby gang", la tendenza comune è cercare colpevoli esterni: la scuola, la famiglia, la noia. Ma è davvero solo una questione di mancati insegnamenti? In questo commento, l'autrice ci riporta alla realtà cruda degli anni '80, dimostrando che anche in contesti difficili, tra degrado e tentazioni, esiste sempre uno spazio sacro e inviolabile: quello della scelta individuale. Le inclinazioni dei giovani: gli insegnanti e le scelte dei ragazzi (Maria Cristina Capitoni) ▪️ La criminalità tra i giovani? Ovvero baby gang? Non è solo un problema di insegnamenti. Non c'è bisogno che un professore ti insegni che dar fuoco ad un barbone, massacrare di botte un tuo coetaneo non è cosa buona e giusta. Spesso poi questi "ragazzi" provengono da situazioni agiate, tanto che dichiarano di aver agito per noia. La mia giovinezza, erano gli anni ‘8...