sabato 15 giugno 2024

La scommessa di un altro futuro

Europa, più voce alla parte bisognosa di società

(Sintesi dell'intervento pubblicato su Critica liberale 18.6.24, con il titolo "L'Europa, la febbre dell’estremismo e il futuro del progetto riformista")

(Angelo Perrone) Il voto europeo conferma che è in atto una svolta a destra. L’estremismo terremota la politica francese e prevale in Austria. Il successo dei criptonazisti di AfD in Germania mette in crisi il governo del socialdemocratico Schulz. Anche Sanchez in Spagna, dove Vox ottiene buoni risultati, non può stare tranquillo.
Nei cinque anni a venire a dominare lo scenario sarà lo scontro tra due destre, quella europeista e l’altra, nazionalista, più che il tradizionale confronto destra – sinistra.
Se la destra estrema corre in Europa, sembra che i confini del nostro Paese abbiano retto. Si è costretti a registrare come elemento positivo il consolidamento della Meloni, atlantista e, di recente, pure “europeista”, che ha distaccato la Lega di Salvini-Vannacci con quelle posizioni filorusse ed anti europee. 
Il radicalismo di successo altrove non paga in Italia, nonostante i problemi sociali, la crisi del lavoro e della sanità, le insufficienze nelle politiche industriali per lo sviluppo. È un’evidenza rassicurante che si ricollega all’affermazione, su lati opposti, di Fratelli d’Italia e del partito democratico di Elly Schlein, che a sua volta migliora le posizioni oltre le aspettative, doppiando il Movimento 5Stelle di Conte, orma dalle politiche in calo drastico di consensi.
Evidentemente da noi, a destra, e tra le opposizioni, vale la stessa avvertenza: il radicalismo non porta vantaggi, anzi fa ridurre i consensi. Il personalismo frenetico di Conte è il tentativo vano di rianimare i 5 Stelle, orfani del «vaffa anticasta» di Grillo. Parole d’ordine, come il pacifismo a priori o l’assistenzialismo indiscriminato, sono inadeguate a governare la realtà. 
La prevalenza di forze più “credibili” sia a destra che a sinistra in ambito europeo, e quanto al Pd anche nel contesto interno, rappresenta un segnale positivo, tuttavia non lascia prevedere cambiamenti immediati. In Italia la destra, pur eterogenea e divisa, mantiene una capacità di aggregazione, specie per le elezioni, a dispetto delle divergenze. I miracoli del compromesso utile a tutti sono infiniti. Prevale il senso di appartenenza. È irresistibile l’attrazione del potere.
Nell’opposizione, difficile qualificarla tutta di sinistra, il concetto di coalizione sembra una brutta parola, essendo così conflittuali le posizioni, nonostante gli sforzi della Schlein. Che, per parte sua, appare (a scelta) generosa, oppure temeraria o ancora ingenua, sul punto dell’affidabilità degli interlocutori. L’alternativa alla destra è virtuale per i numeri, velleitaria negli intenti, incerta rispetto alle identità.
Il voto europeo, però, ha offerto chiarimenti, rafforzando il Pd come baricentro di un’alternativa possibile, e dissipando tanti equivoci sui possibili compagni di viaggio, allo stato attuale il fantomatico “centro” da un lato e il M5Stelle dall’altro. In più, ha rimarcato, per l’ennesima volta, il dramma dell’astensionismo, che stavolta ha superato la soglia del 50%.
Ebbene i risultati italiani indicano che il “centro” è una nebulosa di frammenti, incapaci di trovare un’identità, e, soprattutto, mancanti di leader all’altezza. Questa componente moderata, che sarebbe importante per lo sviluppo e la crescita del Paese, vive solo di protagonismi, atteggiamenti litigiosi, polemiche personali. Le ambizioni centriste sono destinate al naufragio, né il moderatismo può ridursi, come con Forza Italia, a vessillo malinconico dell’eredità berlusconiana, alla mercé dell’estremismo di destra. 
D’altra parte, il voto ha ridimensionato fortemente il ruolo dei 5 Stelle, le ambizioni personali di Giuseppe Conte, diciamo pure la tracotanza nei rapporti politici. La cura dimagrante subìta dal Movimento è l’espressione più evidente dell’evaporazione di una certa idea grillina, l’illusione di fare politica senza la politica, ovvero di prescindere nell’azione politica quotidiana dal retaggio di valori radicati. Si è costantemente esposti al qualunquismo trasformista, alla variabilità delle alleanze e delle politiche, alla fine giustificate solo dal potere.
È certamente auspicabile che la sponda moderata ma desiderosa di mutamenti positivi, e il mondo per bene che ha creduto, con troppa ingenuità, che la storia potesse davvero ricominciare da capo facendo tabula rasa del passato abbiano altre possibilità, a condizione di trovare leader più convincenti e sintesi politiche all’altezza dei tempi.
Il Pd ha ora il problema di chiarirsi cosa fare di quel quarto di elettorato che l’ha votato, non abbastanza ma neppure poco, come utilizzare il consenso perché dia altri frutti. La funzione di quel partito è guardare a quelle parti di società che vogliono cambiamenti sociali marcanti e che non trovano rappresentanza adeguata. Persone che, di fronte a tante inconcludenze, rimangono smarriti, scoraggiati dal partecipare alla vita pubblica.
Proprio ora, sulla vita delle istituzioni si addensano nubi fosche e minacciose. È in atto il più ampio e sistematico disegno di disarticolazione della Costituzione nata dalla Resistenza, con la rottura degli equilibri tra poteri, e l’attacco alle ragioni fondanti dello Stato unitario.
L’avvenire, per chi ci creda, è nel recupero alla democrazia di uomini, donne, giovani, persone tutte di buona volontà, magari oggi scontente e amareggiate, ma desiderose di ritrovare motivi di speranza. Un altro futuro è ancora possibile. 

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