di Marina Zinzani
L’arte di trovare una via di mezzo, che accontenti tutti, sembra la strada migliore per risolvere i contrasti. Diventa in effetti un’arte perché richiede abilità, intelligenza, saggezza, moderazione, e quel qualcosa in più in grado di trasformare ciò che sembra negativo in positivo, con buona pace di tutti.
Il percorrere questa strada richiede analisi e riflessioni. Come in una partita a scacchi, si deve avere un’ampia veduta della situazione, si devono intuire i possibili sviluppi, le mosse dell’altro, i suoi sentimenti futuri, anche.
Questo studio diventa un’analisi dei pro e dei contro, il cercare di comprendere a fondo una situazione, per poi venire a patti, seguendo quella che sembra la strada meno impervia.
Il compromesso è spesso alla base del vivere comune, diventa rinuncia di una parte delle proprie ragioni in nome di un equilibrio necessario. Si pensi ad esempio a quante persone sono a disagio sul luogo di lavoro, a causa dei rapporti umani che si sono creati, o per l’eccessivo carico lavorativo, o perché non era quello il futuro che avevano immaginato, dopo aver conseguito il titolo di studio.
Eppure queste persone sono scese ad un compromesso, perché non hanno il coraggio di una scelta netta che li rimetta sul mercato del lavoro, con le sue incognite, o perché quello stipendio, seppur basso, dà una certa tranquillità e il metterlo a rischio potrebbe minare certi equilibri.
Il compromesso avviene anche in famiglia: una relazione affettiva, con il coniuge e anche con i figli, è spesso all’insegna del compromesso. Il cedere a qualcosa in nome di un’armonia. Con i figli le cose si complicano, perché il cedere potrebbe incrociarsi con la loro educazione. Il compromesso potrebbe portare ad essere troppo tolleranti, in un mondo non così tranquillo, fuori dalle mura domestiche.
Il compromesso diventa spesso necessario, si può considerare sinonimo di saggezza, qualcosa che dovrebbe accontentare tutti. Dovrebbe. Perché, visto da un altro punto di vista, il compromesso suggerisce un’immagine malinconica: il chiudere le porte a quella parte di sé che non verrà più ascoltata, a cui si chiede di venire a patti, di tacere, di restare nella stessa situazione in nome di un equilibrio superiore con l’altro. Ma il proprio equilibrio, intanto, ne risente, e può diventare violenza sottile, interiore, non evidente, ma alla lunga logorante.
La strada del compromesso diventa così impedimento alla propria espressione di sé. Forse questo è il destino degli uomini: il conflitto, interiore ed esteriore, che li accompagna dalla nascita, il rivendicare ed urlare, il comprendere le ragioni dell’altro e il tacere per convenire ad uno scenario più pacifico.
In mezzo, la bacchetta magica che manca: quella del dialogo sincero che fa chiudere per sempre una questione, che non sarà più vissuta nell’ombra, con tutti i pericoli che questo comporta, quella bacchetta magica in grado di far fiorire prati interi, fiori ovunque, con la vita che diventa decisamente migliore. La fata l’ha portata con sé, quella bacchetta magica, e si nasconde, da qualche parte.
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