di Gianantonio
Tassinari
(Intervento di Angelo Perrone)
Gente che va, gente che viene,
rumore di folla.
Voci, risa e caldo.
Dolce sapore del ritorno.
Sogni di vacanze lontane.
L’altoparlante che chiama,
corrono veloci al treno.
Il destino poi segna
il momento fatale.
Come in un attimo eterno
il tempo si ferma.
Lo scoppio non lascia
Gente che urla, gente che piange,
che corre, che scappa.
Un bimbo che cerca la mamma,
non la trova e dispera.
Un uomo che fissa quei muri
crollati, quei corpi straziati.
Una domanda che sorge:
perché?
(ap) Bologna, il giorno della strage, il 2 agosto del 1980: il più
grave atto di terrorismo compiuto nel dopoguerra, 85 morti e oltre 200 feriti, quel
sabato d’estate, per lo scoppio di un ordigno a tempo lasciato in una valigia
nella sala d’aspetto di seconda classe, nella stazione della città.
Tra gli esecutori materiali, individuati alcuni
esponenti dei NAR, un’organizzazione terroristica di estrema destra. Senza
esito finora le indagini sugli eventuali mandanti, e per questo non sono mancate
aspre polemiche dei familiari contro le istituzioni dello Stato, sono emersi
degli elementi sui rapporti tra ambienti della criminalità organizzata e
servizi segreti deviati.
Un atto della strategia della tensione? Un
avvertimento fascista contro le indagini in corso? «I terroristi hanno commesso
un solo errore – ha scritto Lidia Secci, madre di una delle vittime – compiere la
strage a Bologna».
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