Nel profondo nell’amore filiale: il difficile rapporto con figura
materna
di
Marina Zinzani
(Guardando il film Sinfonia d’autunno, 1978, di Ingmar Bergman)
In
un vecchio film di Ingmar Bergman, “Sinfonia d’autunno”, con Liv Ulmann e Ingrid Bergman, si parlava del rapporto
contrastato fra una figlia e una madre pianista. Le accuse della figlia, che
tutta la vita si era sentita in secondo piano rispetto a questa scelta della
madre, erano dure, e suggerivano ferite di cui non era mai guarita. Neanche creandosi una famiglia sua.
Il
tema trattato può sembrare oggi lontano, ma i film di Bergman, grande esploratore
di anime, sono sempre moderni: quanto può incidere una madre che sceglie il
proprio appagamento attraverso una professione? Cosa toglie ai figli nel
seguire la propria strada, nell’affermare il proprio individualismo?
La
madre non è più solo un soggetto che si sacrifica in nome della famiglia, come
in passato. E’ una persona prima di tutto, una persona che cerca qualcosa anche
oltre i suoi doveri materni.
In
mezzo, una miriade di sfumature: i sensi
di colpa, la sensazione che hanno i figli di avere avuto poche attenzioni,
l’insoddisfazione latente se si rinuncia completamente alla propria identità ed
aspirazione, la famiglia come luogo di sottili conflitti, inconfessati in
genere, a volte devastanti.
Bergman
usava sempre un coltello tagliente per mostrare le contraddizioni dell’anima.
E’ attuale nel descrivere i ruoli che la società impone o che uno vuole
ricoprire. E dall’altra parte le mancanze, le rivendicazioni, l’insoddisfazione,
il cercare altre strade. Tutto questo con il sottofondo dell’affetto: quello
mostrato, o quello mancato.
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