Alle note “metalliche” sono spesso
imparentate altre misteriose voci
di Paolo
Brondi
In tanti borghi e paesi, è possibile ascoltare il suono delle campane che,
dall'alto di chiese baciate dal sole, ci aiuta a sospendere, almeno per un
poco, i rumori del presente. E' un suono che sembra non logorarsi mai, né
corrotto da ruggine, né oscurato dal tempo e che sovente suscita brividi nuovi.
Con quel suono si imparentano voci il cui senso è perenne.
E' il caso della voce della libertà, ricercata, cantata,
difesa, anche con spargimento di sangue, in tempi ove valori e fede orientavano
le vicende degli uomini. Oggi è parola che corre il pericolo di essere
vanificata, trasformata in una fittizia ed immaginaria espressione di tutti i
legami che si stabiliscono fra gli individui, quando gli stessi siano tenuti
insieme da un potere esteriore e burocratico. Questa voce non è saldamente
costruita perché poggia sopra fondamenti diversi da quelli della natura stessa
dell’uomo.
La voce della libertà merita, invece, di essere
risanata e difesa, come manifestazione dell'accordo fra interesse generale e
interesse personale, fra comunità e singolo, e segno perenne di giustizia,
verità e pace.
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