L. Friedlander, Boston, Mast Bologna |
La “fotografia industriale” in una mostra alla
Fondazione Mast di Bologna: l’estetica delle macchine, la trasformazione del lavoro, l’impatto nell’ambiente;
le ripercussioni sulla vita in fabbrica, sulla condizione dei singoli e la
perdita del valore sociale del lavoro
di Angelo Perrone *
Come evolve il mondo del lavoro? Macchine, utensili, edifici, paesaggi raccontano i cambiamenti avvenuti nel mondo industriale. Sono mutati radicalmente i sistemi produttivi, il lavoro si è modificato, e ciò ha avuto un impatto enorme, spesso devastante, sull’ambiente, mentre le stesse relazioni umane e sindacali hanno cambiano fisionomia e consistenza.
Come evolve il mondo del lavoro? Macchine, utensili, edifici, paesaggi raccontano i cambiamenti avvenuti nel mondo industriale. Sono mutati radicalmente i sistemi produttivi, il lavoro si è modificato, e ciò ha avuto un impatto enorme, spesso devastante, sull’ambiente, mentre le stesse relazioni umane e sindacali hanno cambiano fisionomia e consistenza.
A ritrarre questa evoluzione così radicale e a
descriverne gli esiti non sono chiamate ora la parola scritta e neppure l’illustrazione
verbale; ci si serve invece di un mezzo speciale, qual è l’obiettivo
fotografico di grandi osservatori del nostro tempo oppure di gente qualunque, comunque
artisti vigili, acuti, e ciascuno a suo modo fantasioso e immaginifico. Una
ricerca umana e sociale, più che tecnica, condotta secondo lo stile suggestivo dell’arte,
perché unita al gusto della fotografia e a quello del racconto per sole immagini.
J. Koudelka, Mast Bologna |
Alla Fondazione Mast di
Bologna (Manifattura di arti, sperimentazione e tecnologia), la terza “Biennale
di fotografia e del lavoro” (sino al 19 novembre) ne raccoglie i risultati
compositi in 14 mostre disseminate nei principali palazzi storici della città,
dando corpo a un evento, unico al mondo, dedicato appunto alla “fotografia
industriale”: con uno stesso filo conduttore, il tema “Etica ed estetica al
lavoro”.
L’identità dei luoghi e delle persone è oggetto di
una rappresentazione visiva che non si ferma agli aspetti puramente esteriori e
superficiali, ma ne coglie il senso profondo, così mutato nei tempi e talvolta
smarrito rispetto alla sua ispirazione originaria. Un significato spesso
intriso di illusioni e memorie, ricordi e ricostruzioni immaginarie, che
contribuiscono a modificare la realtà che si intende osservare dandone una
raffigurazione non sempre realistica e persino pregna di fantasie. Al confronto
con la crudezza di certe situazioni lavorative, può risultare inquietante
l’eleganza estetica di certe immagini.
Colpisce
la trasformazione del paesaggio per i cambiamenti dovuti alla produzione
industriale. Un secolo di distanza separa le due raccolte, ricomprese
sotto il titolo Landscapes
of American Power: Fotografie dalla Collezione Walther, che
documentano nello specifico lo stravolgimento industriale avvenuto nel settore
energetico: dalla edificazione di una città mineraria tra le montagne
incontaminate del Kentucky ai primi del ‘900 alle odierne conseguenze nefaste
dell’industrializzazione colte da Mitch Epstein con American Power.
I luoghi possono persino esaurire il loro scopo a
seguito delle trasformazioni industriali, quasi consumarsi in se stessi,
cessare di esistere come manifestazioni originarie di una zona, quando la metalmeccanica
entra in crisi ed è sostituita dalla logistica dei magazzini destinati alla
conservazione delle merci o alla vendita al dettaglio, come avvenuto secondo John Myers nella black country inglese.J. Koudelka, Mast Bologna |
Non meno rilevanti, ed anzi assai più profondi e
coinvolgenti, i cambiamenti avvenuti negli strumenti di lavoro e nei rapporti
all’interno delle fabbriche, che stimolano la fantasia di autori come Lee
Friedlander o Marten Lange, sino a suggerire rappresentazioni
fantascientifiche, ironiche, persino struggenti di quel mondo. Una proiezione, che
allontana dalla realtà, dalla visione realistica dei bambini al lavoro nelle
vie di Napoli, proposta da Mimmo Jodice, per coltivare con i
fotomontaggi, così cari a Aleksandr
Rodčenko, un tentativo di modifica ulteriore della realtà stessa.
Nella medesima tendenza, anche la ricerca, nelle cose
del nostro tempo, delle possibili tracce del futuro, come tenta di fare Vincent Fournier, che vuole
raccontare attraverso il presente non solo quello che è accaduto ma anche
quello che verrà.
M. Jodice, Mast Bologna |
Gli scorci più audaci
raffigurano il lavoro industriale di quest’ultimo secolo in tutte le possibili
declinazioni, lasciando nello spettatore un’impressione di frantumazione, e di
divisione, persino di perdita di un’identità: sembra quasi che l’uomo sia scomparso
dalla fabbrica. L’elogio delle macchine, implicita in rappresentazioni che ne
esaltano il fascino misterioso, pare far dimenticare che il lavoro è pur sempre
fatto dall’uomo e che in fabbrica come in ogni altro ambiente non può smarrirsi
la centralità della sua esistenza e dei rapporti dai quali si impara a
conoscersi, a condividere, a promuovere una coscienza sociale.
* Leggi anche:
L’uomo
che sparisce dalla fabbrica alla Biennale di fotografia di Bologna di Angelo Perrone,
La Voce di New
York:
http://www.lavocedinewyork.com/arts/2017/11/10/fabbrica-biennale-fotografia-bologna/
http://www.lavocedinewyork.com/arts/2017/11/10/fabbrica-biennale-fotografia-bologna/
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