La gentilezza è più di un insieme di
buone maniere e di gesti cortesi. Un modo di porsi verso gli altri e di
apprezzare il valore di un incontro. Persino una visione della vita, positiva e
fiduciosa. Come in Nelson Mandela, il sognatore dell’antiapartheid
di Mariagrazia Passamano *
John Carlin, autore del libro “Mandela, ritratto di un
sognatore” ebbe la possibilità unica di incontrare più volte il leader africano
nel Sudafrica post-apartheid, negli anni – dal 1990 al 1995 – in cui Mandela da
una parte dovette fronteggiare ostacoli terribili, e dall’altra raccolse i suoi
più grandi successi.
Come corrispondente dal paese africano, Carlin ha raccontato non solo il lato ufficiale-istituzionale del Madiba, ma anche quello umano, la sua solitudine, le sue tante battaglie e ciò che mi ha colpito più è la frase che chiude il libro: “grazie anche, come sempre, a Sue Edelstein e a mio figlio James Nelson Carlin, che spero leggerà questo libro un giorno e imparerà dal suo immortale omonimo il supremo valore della gentilezza”.
Come corrispondente dal paese africano, Carlin ha raccontato non solo il lato ufficiale-istituzionale del Madiba, ma anche quello umano, la sua solitudine, le sue tante battaglie e ciò che mi ha colpito più è la frase che chiude il libro: “grazie anche, come sempre, a Sue Edelstein e a mio figlio James Nelson Carlin, che spero leggerà questo libro un giorno e imparerà dal suo immortale omonimo il supremo valore della gentilezza”.
Ciò che il giornalista inglese ricorda di più di
Nelson Mandela è dunque la sua gentilezza, la sua capacità di essere sempre
affabile e cordiale con tutti. Secondo John Carlin è stato anche un lato
vincente del presidente africano, poiché con i suoi modi cauti e gentili
riusciva a calmare i suoi interlocutori, e spesso anche i suoi nemici politici,
a dare loro la sensazione di essere accolti, compresi, rispettati.
La gentilezza è un valore supremo ma rappresenta
anche, senza alcun dubbio, l’unica probabile chiave d’accesso alle altre
persone, un ponte tra due universi, la possibilità di stabilire un incontro, un
modo per valorizzare l’altro, restituendogli una percezione cortese del mondo.
Non è solo cortesia però, la gentilezza è qualcosa di più profondo, è un
esercizio costante alla positività, alla possibilità, ad un senso di fiducia
nella vita, è un pensiero rivolto al bene che diventa atto rigenerante,
speranza, opportunità salvifica.
Viaggiando sempre con valigie pesantissime ho
costatato che sono state pochissime, in giro per il mondo, le volte in cui
qualcuno mi abbia aiutato ad alzare i miei bauli con le rotelle. E questo mi ha
fatto riflettere sulla scarsa importanza che diamo al valore della gentilezza.
Alzarsi per cedere il proprio posto ad un anziano non è buonismo, ma un gesto
affascinante, di grande potenza e bellezza. Aiutare qualcuno che si è perso
indicandogli la strada non è una perdita di tempo è una terapia che fa bene
all’anima.
I tedeschi per definire la parola gentilezza usano il
vocabolo Freundlichkeit, amichevolezza (cordialità) e anche
Liebenswürdigkeit con l’accentuazione del significato di amore. Mi
piacciono molto questi vocaboli, perché non si può immaginare gentilezza senza
amore inteso come filía appunto. È gentile colui che è capace di
pensieri cordiali, amicali, di accoglienza e di premura.
Arthur Schopenhauer, a proposito della cordialità e bontà, affermava: “il carattere buono .. vive in un mondo esterno omogeneo alla sua natura: per lui gli altri non sono un non-io, bensì io-un’altra volta. Perciò il rapporto originario tra lui e ogni altro è amichevole: egli si sente intimamente affine a tutti gli esseri, prende parte diretta al loro bene e al loro male e fiduciosamente presuppone in loro la medesima partecipazione”. L’altro come l’estensione del proprio io, e come proiezione della propria bontà secondo il filosofo tedesco dunque.
Arthur Schopenhauer, a proposito della cordialità e bontà, affermava: “il carattere buono .. vive in un mondo esterno omogeneo alla sua natura: per lui gli altri non sono un non-io, bensì io-un’altra volta. Perciò il rapporto originario tra lui e ogni altro è amichevole: egli si sente intimamente affine a tutti gli esseri, prende parte diretta al loro bene e al loro male e fiduciosamente presuppone in loro la medesima partecipazione”. L’altro come l’estensione del proprio io, e come proiezione della propria bontà secondo il filosofo tedesco dunque.
Potesse la gentilezza concretizzarsi in un gesto,
questo sarebbe una carezza, un gesto di tensione verso l’altro, un gesto che fa
da mezzo, da incontro appunto. Il contrario della gentilezza non è lo schiaffo,
è un non gesto, un non facere, una resistenza, una riluttanza, la
chiusura, un recinto senza uscita. È lo sguardo che non si posa sull’altro,
incapace di risalire le mura dell’individualismo, della mediocrità e dell’
autoreferenzialità.
La gentilezza ha quindi come presupposto essenziale l’apertura, la fiducia, la forza, il movimento, l’atto di creare, l’andare verso. L’assenza di essa è lo stato in luogo, un luogo fittizio perché senza l’altro noi non saremo altro che percezione non reale della nostra essenza.
La gentilezza ha quindi come presupposto essenziale l’apertura, la fiducia, la forza, il movimento, l’atto di creare, l’andare verso. L’assenza di essa è lo stato in luogo, un luogo fittizio perché senza l’altro noi non saremo altro che percezione non reale della nostra essenza.
La gentilezza mentale è dunque preliminare rispetto a
quella gestuale, comportamentale e anche a quella verbale. La persona gentile
potrà essere istruita o meno, poco conta, penserà sempre con cura alle parole
da usare, perché capace di comprendere la potenza tanto salvifica, quanto
distruttrice delle stesse. La gentilezza fa da filtro anche nella scrittura, si
può avere un tono ironico, sarcastico e anche polemico senza perdere il senso
dell’armonia, dell’amabilità, di umanità.
Oggi giorno questo valore è anticonvenzionale, viene
visto quasi con sospetto, è sinonimo di arrendevolezza, sentimentalismo,
fragilità, mielosità, segno di debolezza. Un gesto gentile viene quasi
interpretato come finalizzato, manipolativo, volto ad un obiettivo determinato.
Ci si sente più, tragicamente, rassicurati dalla cattive maniere,
dall’indifferenza, dall’arroganza, dalla violenza verbale, dalla rozzezza.
L’assenza di gentilezza viene vissuta come manifestazione di potenza, di
personalità, di carattere.
E così stiamo morendo tutti di solitudine, rassegnati all’individualismo, alla superficialità, alla poca umanità, ai toni rigidi, polemici, chiusi, irrispettosi, ignorando gli effetti benefici della gentilezza sulla salute psicofisica e trascurando la sua grande forza antidepressiva. Facciamo esercizi di bellezza: pratichiamo la gentilezza.
E così stiamo morendo tutti di solitudine, rassegnati all’individualismo, alla superficialità, alla poca umanità, ai toni rigidi, polemici, chiusi, irrispettosi, ignorando gli effetti benefici della gentilezza sulla salute psicofisica e trascurando la sua grande forza antidepressiva. Facciamo esercizi di bellezza: pratichiamo la gentilezza.
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