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L'acqua del contadino

di Marina Zinzani
Tratto da “I racconti dell’acqua”
(Commento di Angelo Perrone)

(ap) L’acqua è il tema ricorrente di questi Racconti. Elemento prezioso, simbolo di energia, di vitalità, del divenire stesso, l’acqua attraversa la parola scritta come protagonista discreta e misteriosa, mai sfacciata e proterva, di storie tra loro diverse per intensità e stile, e apparentemente dedicate ad altro. Ma che finiscono per dare rilievo proprio a lei, l’acqua, scoprendone le molteplici dimensioni di senso.

Le mani nella terra, la fronte sudata, il respiro che si fa stanco la sera, dopo un giorno passato nei campi. Era dura la vita del contadino, questo pensava ogni tanto Danilo, dura ma c’erano anche tante soddisfazioni: il canto del gallo la mattina, cosa perduta, dei ricordi, ma che lì, nella casa in campagna viveva ogni giorno.  La prima mela. Il grappolo d’uva, assaggiarlo, sarà un’ottima annata.
E la sera, quando si trovava a tavola con sua moglie Lorena e la piccola Denise, la vita gli appariva come l’aveva desiderata. Il suo campo, continuare la vita dei suoi, che erano cresciuti con la terra, coltivando la terra, e quella casa in cui ogni cosa, i fiori sul balcone, l’orto curato dalla moglie, qualche gallina, il coniglio che era l’amico della piccola, ogni cosa era curata con amore. L’amore…
Certo, qualche dubbio ogni tanto veniva. Lorena aveva lasciato la sua vita in città, l’impiego in un ufficio dopo il matrimonio per andare nella sua casa e condividere quelle cose semplici, a contatto con la natura. Aveva così cominciato a fare marmellate, a conoscere i segreti dei raccolti, a piantare e a raccogliere le verdure di cui si nutrivano. Una vita bucolica. Sì, una vita bucolica.
La casa era isolata però, non si poteva scendere in strada e fare due passi in mezzo ai negozi, distrarsi entrando in un bar, fare una camminata in un parco pieno di bambini. Era questo il punto che Danilo temeva, a volte aveva paura che sua moglie sentisse la mancanza di vita, che quella grande casa isolata la facesse sentire sola. Che lei si stancasse in qualche modo…
Pensieri così, frutto della stanchezza e delle preoccupazioni. Non navigavano nell’oro, il trattore era costato, il lavoro dei contadini, da molti anni ormai, dava appena da mantenere una famiglia, e di spese e necessità ce n’erano sempre. Ci voleva ad esempio la cameretta di Denise. Povera bambina, stava nella camera con i mobili di sua nonna, una stanza ben diversa da quella che avevano visto in un grande negozio, che era arancione, con linee delicate e leggere. Il sogno della piccola, e anche della madre. Ma ci volevano dei soldi, questo era il punto. Il raccolto, bisognava aspettare il raccolto e sperare in una discreta somma. Il punto era che non pioveva. Non pioveva da mesi.
L’acqua per il contadino è cosa preziosa, è preziosa per tutti, ma per il contadino è essenza del suo lavoro, non così per un impiegato, un dottore, un avvocato. Il contadino ha bisogno dell’acqua, ha bisogno che piova ma che non ci siano tempeste, ha bisogno del sole e non del vento forte, ha bisogno dell’acqua che nutra i frutti della terra. Dipendere dal cielo: se lo ricordava bene suo padre, alla finestra, e anche sua madre, tutti e due preoccupati quando cadevano chicchi di tempesta che sbattevano sui vetri, un dramma, la desolazione per cure di mesi andate in fumo, la tempesta, c’è la tempesta. C’è la tempesta.
Ora, da anni, pioveva poco. Ma quello era un anno particolare: non pioveva proprio. Da tempo, da quando lui girava per il campo vedendo la sofferenza della terra, avvertendone la sete, vedendo la secchezza delle zolle che si spezzavano, guardava con apprensione le previsioni del tempo. Qualche nuvola, sporadici temporali ma da un’altra parte, lontano, e lì, nel suo campo, nulla. L’acqua, l’acqua avrebbe risolto tante cose, avrebbe irrorato il terreno, avrebbe permesso un buon raccolto, e poi con quello avrebbero potuto acquistare la cameretta per la bambina, e sua moglie avrebbe sorriso, perché forse era da un po’ che la vedeva affaticata, sorrideva meno, sì, sorrideva meno…
Il rumore del vento lo svegliò nella notte. Minaccioso, con lampi e tuoni, era arrivato il temporale. E la pioggia! Ah, finalmente la pioggia! Sono salvo, pensò, non è tempesta, è solo pioggia, un bel po’ d’acqua! Bene, bene, bene!
Era arrivata la pioggia, il raccolto si era salvato e aveva reso bene, e così qualche mese dopo era arrivata anche la cameretta di Denise. Erano andati nel grande negozio di mobili, e alla fine avevano scelto la camera vista tempo prima, color arancio e verde. Un’idea di felicità: la sua famiglia a cui poteva garantire una tranquillità economica, nella loro casa in campagna.
La felicità della piccola era contagiosa, lui la prese anche in braccio, era la sua bambina di quattro anni innamorata del papà.
Salirono in macchina, e vide nel volto della moglie solo un tiepido sorriso. Partecipava meno alla felicità per quell’acquisto così desiderato. La vide controllare il cellulare, la vide spegnerlo, le vide un’ombra sul viso.
“Chi ti aveva chiamato prima?” le chiese, pensando a quando si era allontanata per rispondere a qualcuno.
“Nessuno, cioè… mia cugina…”
Conoscersi abbastanza e sapere cosa significa mentire. Lei non lo guardò negli occhi. Per tutta la durata del viaggio guardò verso il finestrino.

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