Il significato della
felicità oggi: il singolo e la società. La fatica di realizzarsi insieme agli
altri
di Marina Zinzani
Roberto
Saviano ha raccontato che durante un incontro pubblico una ragazza si mise in fila, e quando toccò a lei, non gli chiese un autografo e neanche un
selfie. La ragazza chiese solo: “Posso farle una domanda? Secondo lei si può
essere felici in Italia, ancora?”
Di
fronte al silenzio di Saviano, lei disse “Grazie”, stringendogli la mano. E si allontanò.
La
risposta Saviano gliel’ha data in un articolo, in cui fa un’analisi del
passato, e del nostro presente disincantato.
E’
una domanda forte, e la sua risposta lascia una nota amara. Per quanto possano
essere difficili e incomplete le risposte a domande sulla felicità.
Si
può immaginare la ragazza, precaria con un futuro precario, una famiglia da
costruire e una casa ancora immaginaria, il mutuo che la banca non dà se non ci
sono garanzie e un buon lavoro. Certo, è difficile immaginarla la felicità in
questa ottica, che è quella di molti.
Emigrare
per molti ragazzi è il tentativo quindi di trovarla quella felicità, che in
qualche modo si sente negata. Che poi non è felicità: sono i sogni, quelli
realizzabili, pezzo su pezzo, fatica su fatica, ma realizzabili. E se si
sceglie un altro Paese è perché qui, in qualche modo, molti sogni sono svaniti.
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