Ai margini della vita, fragilità ma anche bisogno di accoglienza: l’attesa che passi per
noi il Dio dell’amore senza condizioni
Poesia
di Alda Merini
Commento di Mariagrazia Passamano
Lasciami alle mie
notti
ed ai miei benefici
di peccato,
lasciami nell’errore
So che mi assolverai
dalle mie
pene
ma ora
lasciami umana
col cuore roso dalla
mia paura,
quando sarò
bassorilievo
al tempo
della tua eternità
non avrò fronti
contro cui capovolgere
la faccia
La
fuga è un monologo dolce e disperato
rivolto da Alda Merini, la poetessa dei Navigli, al suo Dio, un negoziato
d’amore, la preghiera di una figlia diretta al Padre. Un appello a quel Dio che
deve essere una scelta, un tocco come di pianoforte, di musica, che è libertà
assoluta, non disonore e al quale la Merini chiederà continue concessioni di
grazia, in un valzer di litigioso amore, in un rito di capricci, follia,
premura, devozione, fughe e ritorni.
La
fuga nasce dalla necessità di evadere
dalla perfezione, di vivere quella follia che ha il cuore di donna e quegli
amori distruttivi come catastrofi, e si tramuta nel bisogno, quasi
consolatorio, di sentirsi fragile, pavida, umana.
Una poesia intrisa di fragilità e di bagliori di luce, potente e
soave, dove emerge l’animo stanco di quella donna non addomesticabile, che
durante la fuga, si ferma in un angolo di strada ad aspettare che il suo Dio
passi.
Donna e poetessa immensa, Alda Merini, nome da inserire nelle Indicazioni
nazionali per i Licei insieme a tanti
altri autori, nati magari a sud di Roma, purtroppo mancanti.
Nessun commento:
Posta un commento