di Cristina Podestà
Sulla panchina del molo osservo gabbiani fermi, pronti al decollo. Sono strani perché sono belli ma emettono suoni striduli e talora fastidiosi.
La mente vaga sui loro percorsi, su ciò che vedono e non possono mai riferire, sul profumo delle onde che annusano e non sanno ripetere a noi mortali.
Poi, sempre vagando con la mente, mi sovviene la percezione che avranno i pesci nei fondali, i lampi di luce, i colori, le chiarità e il denso buio delle profondità oceaniche; i loro linguaggi, i segnali, i momenti di pace e la paura.
Certo gli uomini sono limitati, perché tutto ciò resta un mistero per noi. E, alzando gli occhi, sotto la nuvola che pare una cascata meravigliosa che si frange sulle montagne alle mie spalle, intravedo il cielo, e mi rammento delle sue stelle, del sole, e le galassie.
Così mi ricordo la nostra pochezza, anche quando ci sentiamo forti, possenti, vigorosi e, per affermare tutto questo nostro delirio di onnipotenza, usiamo violenza contro il nostro prossimo.
Nessun commento:
Posta un commento