Umanizzare la persona e rimuovere le diseguaglianze
(Il testo completo su Critica Liberale, inserto Non Mollare, 5 dicembre 2022)
(Angelo Perrone) Il cambio di denominazione del ministero dell’Istruzione nel governo Meloni (con il riferimento al merito) ha dato improvvisamente nuovo vigore al dibattito sulla scuola, senza tuttavia favorirne la comprensione.
Molti interventi orientati a sinistra hanno bocciato l’idea, giudicandola poco meno che reazionaria.
L’impronta politica del governo Meloni (tetto del contante, norme sicurezza, flat tax, reintegro dei no vax nella sanità, sanatorie fiscali, reddito di cittadinanza) ha connotato, in senso radicale, il principio del merito, sancendone impropriamente il significato di destra.
Del resto, non è stata chiarita quale strada si voglia intraprendere e quali cambiamenti si abbiano in mente. Più banalmente non è stato spiegato cosa si intenda per merito, e come ci si proponga di valutarlo.
Parlare di merito senza specificazioni è ambiguo, si presta a interpretazioni fuorvianti. Finisce per avallare una concezione della scuola (e della società) come affermazione individuale di stampo egoistico, a scapito dei più svantaggiati. Antagonismo acceso, concorrenza sfrenata, sfruttamento delle diseguaglianze, queste le temute parole d’ordine.
In tale ottica, il merito sarebbe concetto contrapposto all’uguaglianza, alternativo alle politiche di emancipazione sociale. Tutto ciò però rappresenta una degenerazione del criterio, anzi un’impostazione che contrasta con l’umanizzazione della persona, qualunque sia la provenienza.
Erroneamente però la cautela con cui, a sinistra, è stata accolta l’iniziativa della destra radicale si è trasformata in una aperta demonizzazione della parola merito.
Bisognerebbe ripartire dai fondamentali e ricordare che il merito è qualificato come valore dalla Costituzione all’art. 34, con particolare attenzione verso coloro che sono privi di mezzi. È essenziale soffermarsi sui principi ribaditi nella Carta a questo proposito. Lo Stato non si limita a premiare “i capaci e meritevoli”, ma li riconosce come tali a prescindere da condizioni familiari o sociali, dal ceto di nascita, dalla religione o dal sesso.
Soprattutto si propone di rendere effettivo il diritto ad accedere ai “gradi più alti degli studi”, con strumenti che hanno lo scopo di rimuovere gli ostacoli che si frappongono all’esercizio di tale diritto. Si salda così il tema del merito con quello dell’emancipazione effettiva della persona nell’ottica del principio di eguaglianza materiale di cui all’art. 3.
Si tratta, in questa valorizzazione del merito, di una rottura radicale con ogni forma di favoritismo, dalla famiglia alla classe economica. È necessario perseguire l’eguaglianza negli studi e rendere la scuola strumento di crescita. Gli studi non possono limitarsi a distribuire etichette ai già dotati, sancendo la diseguaglianza d’origine.
Certamente le condizioni iniziali determinano spesso l’esito del percorso formativo del soggetto che si limita in questo caso a trarre beneficio da quanto possiede in termini di risorse e conoscenze.
Ma la scuola, custode del valore costituzionale dell’istruzione, ha esattamente il compito di farsi carico delle diseguaglianze di base, di eliminare le differenze.
Una scuola fondata sul merito è una struttura di qualità. Il problema cruciale è quello di rendere effettivo il merito, come indicato dalla Costituzione, facendolo coincidere con lo sviluppo delle proprie capacità, da individuare e coltivare sapientemente.
È la parità delle opportunità la condizione che la scuola democratica deve saper assicurare. Un orizzonte che suggerisce un programma radicale di innovazioni al quale non è estraneo nemmeno il ripensamento della nozione di merito applicato al corpo insegnanti.
Non è sufficiente un titolo. Ci vogliono nuovi modi di fare scuola, va elaborata una didattica innovativa e misurare anche i docenti su questo parametro. Dobbiamo pensare la scuola come risposta al bisogno di apprendimento e di inserimento sociale dei giovani, con l’umiltà dell’ascolto e della curiosità, e la passione per il mestiere dell’insegnamento.
L’apprendimento a cui puntare dovrebbe essere quello di far tesoro del capitale umano, dargli valore, e favorire l’acquisizione della capacità di “pensare criticamente”. Il mondo là fuori attende questi giovani.
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