di Marina Zinzani
Si può trascurare un corpo, non considerando se il fumo può fargli male, o se l’alcol è eccessivo, se la quantità di cibo è troppa o troppo poca, se il cibo stesso è quello giusto.
C’è un senso di colpa sottile in questi comportamenti che condannano il corpo a dei rischi, a delle malattie, ad un decadimento precoce.
Eppure le informazioni non mancano, ogni giorno siamo bersagliati da notizie su cosa ci fa bene e cosa no, è un lento ascoltare, è spesso un lento evitare di applicare le cose buone ascoltate.
Perché, si chiede Setsuko in riva al fiume. La trascuratezza è compagna di vita, fa parte della nostra identità. Non si curano mai abbastanza i rapporti umani, quante situazioni avrebbero potuto essere diverse, quante parole avrebbero potuto essere dette e non si è fatto nulla, si è parlato poco o in modo sbagliato, creando varchi che sono diventati crateri.
La trascuratezza del corpo è solo una parte della questione, si accompagna alla trascuratezza dell’anima. Quante cose fanno male all’anima? Vedere scene di violenza al telegiornale mentre si sta mangiando non fa certo bene all’anima, che alla fine si indurisce cercando di creare uno schermo protettivo, è un indurimento che protegge ma impoverisce anche. Vedere la violenza nelle sue infinite forme, con il pensiero di essere informati, impone all’anima un nutrimento tossico, si trascurano i suoi reali bisogni. La ricerca della bellezza in una musica, in una frase, in un messaggio scambiato fra persone, è cosa che le farebbe certo bene.
Il corpo. Il corpo fa quello che può. Deve muoversi, alzarsi la mattina anche quando non ne ha voglia perché la giornata è lunga e piena di cose poco piacevoli. Il curarlo è pensiero riservato a pochi, ogni tanto, quando è proprio necessario. Anche se c’è chi cura molto il proprio corpo, facendone però una forma di ossessione, di soddisfacimento personale come se si dovesse arrivare ad un traguardo, e non un modo armonioso di essere.
Il tempo passa, e Setsuko in riva al fiume pensa che dietro il trascurare si rivela un lento morire. Non è una morte fisica, è la morte delle emozioni. E’ con quelle che si torna ad amare, ad amarsi, ad esistere.
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