di Marina Zinzani
Abbiamo tempo, c’è tempo, è un momento di sospensione. È un momento tanto atteso, tappa di un viaggio. Un’emozione improvvisa. Un’emozione immaginata, quando sarebbe apparsa quell’opera d’arte.
O quel luogo incantato, regalo della natura e impreziosito dagli uomini. Un’emozione condivisa, un tramonto, un punto fermo che appaiono in quel momento una briciola di felicità.
Ecco allora che si scatta una foto. Si cerca l’inquadratura giusta. Si scattano più foto per immortalare il momento. Per fermare quel momento.
Pia illusione. Quando si andranno a vedere quelle foto, non si riuscirà a percepire molto di quell’istante, si spiegherà agli amici, si cercherà di raccontare usando parole come bello, meraviglioso. Ma l’emozione è svanita.
Eppure, pensa Setsuko in riva al fiume, esiste anche l’arte di non fotografare. Il soffermarsi in silenzio, il respirare a fondo, il vivere una pausa e la consapevolezza del momento unico, irripetibile, non raccontabile, e non fotografabile, perché l’emozione è un soffio che scivola via.
Nel soffermarsi a fotografarla invece l’emozione rischia di perdersi, di non essere vissuta appieno, si perde la magia del momento e quello che si riuscirebbe a percepire, in una pausa raccolta.
Ci sono gli occhi, i sensi e la memoria, pensa Setsuko. Solo quelli conservano i brandelli di un momento unico, meraviglioso.
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