di Marina Zinzani
E’ difficile trovare altre parole sulla morte di Franco Di Mare, oltre a quelle dette in questi giorni. La sua scomparsa ha colpito per tanti motivi: per essere un volto familiare della TV, per la sua carriera come inviato di guerra, per la sua generosità manifestata anche con l’adozione della figlia, per la sua umanità. Era indubbiamente molto amato e stimato.
Abbiamo imparato a conoscerlo per i suoi interventi, soprattutto quelli della rubrica “Sarò Franco” ad Unomattina. Minuti in cui un argomento veniva trattato in modo semplice, comprensibile a tutti ma mai banale, diventando spesso una piccola luce accesa su cui riflettere.
La sua malattia ci fa sentire tutti un po’ più vulnerabili, dato che molto probabilmente il contatto con l’amianto è avvenuto per tanti di noi, anche senza saperlo. Si è percepita subito una sottile ansia di precarietà, con la sensazione che è così facile morire, ed è così assurdo quando l’età non è certo avanzata.
Ci si chiede cosa aspettarsi dalla TV quando si accende: informazione, intrattenimento, soprattutto compagnia. E la compagnia avviene se chi parla dallo schermo ha quell’empatia innata, non costruita ma reale, e l’attenzione verso l’altro.
Si può avere un piccolo arricchimento, dopo l’intervento di una persona che espone il suo punto di vista con profondità. Franco Di Mare era una di queste poche persone, aveva un’empatia che arrivava naturalmente, che lo rendeva vicino a tutti, soprattutto a chi la TV la guarda perché è solo in casa, perché quella voce fa compagnia.
Il punto di vista dell’altro diventa esplorazione, viaggio, arricchimento, condivisione, e alla fine resta a noi, sempre e comunque, qualcosa di positivo. Questo ci ha regalato, fra le tante cose, Franco Di Mare.
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