lunedì 13 maggio 2024

Vincent Van Gogh, la notte stellata

di Marina Zinzani

Saint-Rémy-de-Provence, 1889. Vincent Van Gogh è ricoverato in una clinica di salute mentale dopo un episodio di autolesionismo, il taglio dell’orecchio in seguito alla rottura con Paul Gauguin.
La sua mente attraversa fasi di profonda crisi ma, nonostante la sua permanenza nella clinica, può dipingere. Lo fa nei momenti di pausa della malattia, momenti in cui tutto sembra normale. A parlare sono i colori, ben definiti, animati dalla sua mano che si muove frenetica, febbrile.
È notte, e Van Gogh guarda fuori dalla finestra, oltre le sbarre. Un cielo blu intenso è reso luminoso dalla luna, dalle stelle, da Venere. La natura gli appare nella sua bellezza, accoglienza, forza accompagnatrice degli uomini. Ma anche forza sovrumana che domina le cose, che incute paura.
Ci sono le sbarre, ma la mente viaggia, va oltre, immagina. Quello che non vede con gli occhi lo vede con i ricordi, con la fantasia. In quel posto angusto, in quella notte particolare in cui il cielo sembra animato come da forze speciali, Van Gogh prende tela e colori, prende i pennelli, e inizia a dipingere. Chissà se pensa ad un dualismo, o tutto nasce dal profondo, d’impeto, per cercare di esprimere la sua inquietudine, il male che ha dentro.
Ecco allora iniziare la rappresentazione della notte. Il villaggio, con le case tratteggiate in modo ordinato, le luci al loro interno che sono un’unica pennellata, è tutto composto, si suggerisce il sonno, la quiete, la pace.
Nel cielo invece sembra avvenire qualcosa di possente, prodigioso, misterioso, dominante, un turbine di stelle, di luci, con tratti vorticosi e decisi.
Il cielo dominante è in fondo il cielo dominante sulle vite, è la natura, o forse la casualità, il destino, il disegno divino che da sempre tracciano con prepotenza la vita degli uomini.
Un cielo stellato, amato dai poeti, con immagini che si ricordano, il soffermarsi a guardare in alto, pensando al giorno dopo: il cielo compagno degli uomini. Dall’altra parte la nostra esiguità di fronte alla natura e alla sua imprevedibilità. I vortici dell’esistenza, come i vortici della notte di Van Gogh.  

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