di Marina Zinzani
Saint-Rémy-de-Provence, 1890. Van Gogh è nello studio del suo medico, e guarda fuori dalla finestra.
Il suo sguardo è rapito dalla bellezza di un mandorlo, e dai suoi primi fiori bianchi che stanno nascendo.
Deve dipingere qualcosa di speciale per il piccolo, è anche il suo padrino, non una cosa da poco, in qualche modo sarà sempre legato a questa creatura. Il regalo che vuole fargli deve catturare quel momento di meraviglia che lo ha pervaso dal medico. Deve dipingere la bellezza di un inizio in cui la promessa e l’amore si intersecano con la nascita di un figlio.
Una nuova vita è sempre qualcosa di prodigioso. È un punto di partenza, un nuovo inizio, niente è più come prima. In natura si può pensare al germogliare di un albero, alle sue gemme che simboleggiano una nascita, è arrivata la primavera, l’aria è pervasa di rinnovato vigore dopo il freddo dell’inverno, c’è un risveglio, tutto sembra in movimento, ma anche in una magica armonia.
Van Gogh si applicherà tantissimo a questa opera, fino quasi ad ammalarsi. Cercherà i toni più luminosi dell’azzurro, i toni più delicati del cielo e la purezza di fiori piccoli e bianchi, e nascerà così il capolavoro “Ramo di mandorlo in fiore”.
Quel ramo dipinto diventa così il regalo di battesimo per il piccolo, l’espressione di quello che è l’inizio di ogni vita, bellezza, candore, un mondo delicato e poetico.
La sua vita è stata ben altro, ma il suo cuore toccava vette altissime, non solo nel dipingere, ma anche nel donare. L’amore per il nipote è racchiuso in gemme sugli alberi che ci incantano ancora.
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