Passa ai contenuti principali

In cerca di sé stessi

Racconto 
di Marina Zinzani
Tratto da I racconti della pioggia

(angelo perrone) Il tema della pioggia percorre anche storie di uomini, una sorta di controcanto alle loro inquietudini, alle difficoltà che incontrano, talora, per essere sé stessi, senza timori.

Stupenda era stata la cerimonia. Stupendi i fiori in chiesa, stupendo l’abito della sposa, stupendo l’addobbo al ristorante e stupenda la torta. Ogni cosa pensata da mesi, per non lasciare niente al caso. Così bisognava fare, per avere un bel matrimonio. Era un giorno unico nella vita, e lì doveva viversi il meglio, il meglio della bellezza, della convivialità, creare un’atmosfera suggestiva ed allegra. I matrimoni erano questo: ritrovarsi tutti insieme, anche con dei parenti che non si vedeva da una vita.
Alessandro era lì, al tavolo del ristorante, con i suoi genitori e altre persone. Si sposava suo cugino Guido, e la sposa, Laura, era bellissima. Un matrimonio ineccepibile, d’altronde lei parlava da mesi dei preparativi, e ogni dettaglio era stato molto curato, dai fiori, dalla scelta della tavola, dalle bomboniere. Era giusto così…
Erano a tavola già da tre ore, ed Alessandro iniziava ad avere caldo. Si era allentato il colletto della camicia e il nodo della cravatta, e si era tolto la giacca. Forse le cento persone in sala avevano scaldato l’ambiente, forse il vino aveva avuto un certo effetto. O forse si stava espandendo un caldo che sapeva di fuoco e il fuoco di rabbia. Cominciava a detestarli tutti, quelli che erano presenti.
“Adesso toccherà a te, sei rimasto solo tu della famiglia…”
Quella battuta, fatta altre volte e non risparmiata neanche in quell’occasione, gliel’aveva fatta la zia Clotilde. Lei, e il suo vestito blu delle grandi occasioni, lei che aveva sistemato bene i figli, tutti sposati, i nipoti che nominava sempre, lei si era avvicinata a lui, e di fronte a tutti aveva detto quella frase. Oddio, una frase banale, si dice ai matrimoni…
Sua madre l’aveva guardato, pensieri misteriosi, parole non dette, sguardo che parlava di interrogativi, di aspettative. E suo padre era rimasto a testa bassa. Allora si era levato lo zio Gennaro, e aveva rincarato la dose.
“Certo, una bella ragazza ce la farai conoscere… Si sono tutti sistemati, manchi solo tu…”
Allora lui aveva sorriso, ironico. Con fare misterioso, di chi ha una vita da qualche parte, una donna che ancora non vuole presentare, una sorpresa che farà prima o poi a tutti…
“Hai un’età, Alessandro, che è ora di farle certe cose, la famiglia si fa da giovani, non da vecchi… e se vuoi avere figli non devi aspettare tanto…” aveva rincarato la dose la zia Clotilde.
“Non è poi così vecchio…” aveva minimizzato sua madre, quasi stizzita.
“Però ha otto anni più del mio Guido, e hai visto che bella ragazza si è trovato… Certo mia nuora oggi ha fatto un figurone… Mi aveva detto che il vestito era bello, ma non credevo così… e quelle perline, tutte quelle perline…”
Perline. Abito da sposa. Acconciatura. Trucco poco naturale. Banchetto interminabile, dieci portate per provocare quasi un’indigestione. Caldo. Caldo ed è anche umido. Minaccia di piovere. Voglia di andarsene. Doveva vantarsi, la zia Clotilde, che suo figlio si era appena sistemato. Mettere quasi in imbarazzo sua madre, sì, la vecchia rivalità che c’era fra di loro, cose mai capite…
Mio figlio è a posto, tu… Avere quasi quarant’anni e non essersi sposato. Neanche avere avuto un fidanzamento. Solo storie misteriose, ragazze non fatte conoscere ai genitori. Un alone di mistero. Per proteggersi. Un alone di mistero che significava una corazza fragile per difendersi. Difendersi dalle domande, dalle aspettative. Per qualche tempo, per più tempo possibile.
La festa aveva cominciato a scaldarsi. Non era solo l’ambiente ad essere diventato caldo, i volti dei presenti diventati più rossi. L’orchestrina chiamata per l’occasione era passata da musiche soft a qualcosa di più deciso. Adesso, verso la fine del pranzo, era il momento di ballare. E allora le note della tarantella avevano fatto esplodere l’atmosfera, gli sposi si erano alzati ed erano andati al centro della sala, e poi tanti li avevano seguiti, un’allegria che si esprimeva in quei movimenti anche buffi, di corpi appesantiti. Ma erano felici. Ridevano. Si divertivano.
Guido era l’ultimo cugino che si sposava. Per fortuna non ci sarebbero stati altri matrimoni. Altri parenti da vedere, altre domande a cui rispondere, domande fatte da persone che si aspettavano qualcosa da lui. La sua regolarizzazione, una donna, una famiglia. Come fosse una decisione che si prende e si attua. Come se si comprasse un sentimento, un’attrazione, o si decidesse di averla a comando.
Assurdo… E quelle donne non lo capivano… Già c’era stata anche un’altra sua zia, al mattino, in chiesa accanto a lui, che gli aveva sussurrato “Speriamo che anche tu incontri una brava ragazza…”
Qualcuno era preoccupato per lui, a quanto pareva. Che si trovasse una brava ragazza, tre parole importanti, in cui era racchiuso un mondo, un preconcetto, un’idea di vita, certamente appartenuta a cinquant’anni prima. Gente che aveva ancora poca dimestichezza con il divorzio, la convivenza, i matrimoni gay…
Alessandro li guardava, gli invitati, li guardava ballare, ridere. La zia Clotilde con le sue gambe gonfie, lo zio Gennaro con la pancia sempre più prominente che aveva certamente bevuto troppo, e poi le sue cugine, le amiche della sposa. Alcune non si erano alzate a ballare, e guardavano la scena quasi con snobismo. Una lo fissava, ogni tanto.
Alessandro si alzò, sentì qualcuno che lo invitava ad unirsi a loro, e la tarantella adesso era diventata altro, un ballo che neanche conosceva, roba da villaggio turistico, e tutti che si divertivano e sapevano anche le mosse, come facevano a conoscere tutte le mosse…?
Andò fuori, a fumarsi una sigaretta. Il cielo non prometteva niente di buono. Sentì qualche goccia. Sposa bagnata, sposa fortunata. Scherzi fatti dagli amici, alcuni anche volgari. E giù tutti a ridere. Per fortuna era l’ultimo matrimonio della famiglia. Per fortuna.
Il fumo della sigaretta usciva dalla sua bocca, il grigio dei pensieri, del volto contratto, della poca voglia di ridere, dell’insofferenza. Dei sorrisi che celavano altro, la voglia di andarsene il prima possibile, la voglia di andare da qualche altra parte e di non sentire più quei discorsi, “quando ci farai conoscere una brava ragazza?”, discorsi di anni, di molti anni, ormai.
Il grigio del fumo e l’allegria sempre più sguaiata. Vedeva attraverso la vetrata la sposa e la sua giarrettiera lanciata in aria.
Nausea. Nausea e voglia di andarsene. Il problema era che aveva i suoi genitori, su in macchina, non poteva lasciare tutto così. Doveva aspettare la fine, ma chissà quelli, dentro, che ora avrebbero fatto. L’odio per la lunghezza esasperante dei matrimoni. Lui non avrebbe dato certo un tocco così forte, esagerato ad un matrimonio… Una cosa semplice, più sentita, senza guardare troppo ai particolari…
Che pensiero… Il suo matrimonio… Si girò verso la vetrata. Li vedeva. Chi erano? Suo padre, sua madre, i suoi due fratelli, le loro mogli, i loro figli, e poi i parenti, gli amici degli sposi… Chi erano?
Chi erano loro, e lui. Lui e quella parola che non si poteva dire. Per un attimo provò ad immaginare la scena. Entrare dentro e dirla, quella cosa… Gli appariva divertente, l’idea. Immaginò la reazione di sua madre, a testa bassa e senza parole, lo sguardo feroce di suo padre, lo sconcerto dei suoi fratelli, il sarcasmo delle cognate, magari qualche sussurro… “Io l’avevo detto…” Forse qualche bambino piccolo avrebbe candidamente riferito di averla ascoltata alla televisione, quella parola…
Divertente, sarebbe stata una scena divertente. Di quelle che si raccontano per anni. Di quelle che rovinano una festa.
Aveva lo sguardo triste, e il silenzio di chi si fuma una sigaretta da solo, appoggiato ad un muro, e guarda il parcheggio delle macchine in un giorno che per altri è di festa.
La porta sì aprì. Era Maria, sua cugina.
“Che fai qua?”
“Niente, mi fumavo una sigaretta.”
Allora anche lei si appoggiò al muro.
“Stanno degenerando, di là” commentò lei.
Lui non rispose. Continuava a guardare il parcheggio, mentre un’altra nuvola di fumo usciva dalla sua bocca.
Maria non era una persona qualsiasi. Maria l’aveva visto, una volta, con uno… ma non gli aveva mai chiesto niente…
“Io non mi sposerò più, sai, ma se lo rifacessi non farei una pagliacciata simile… Quella della giarrettiera poi…”
“Già, anche a me non piacciono queste cose… E poi quegli scherzi…”
Maria lo guardò. Era uno sguardo buono, e lei sembrava volesse dire qualcosa…
“E con tuo marito come va?”
“E’ finita. Sono una separata, adesso. Mia madre minimizza di fronte agli altri, dice che siamo solo in crisi ma le cose si aggiusteranno… Eh, i nostri genitori sono di un’altra generazione…”
“Lo so.”
Le parole di Maria gli fecero tornare un po’ il sorriso, era un sorriso malinconico mentre la pioggia cadeva, ma lei era la migliore, da sempre. Testarda, decisa, non aveva paura del giudizio degli altri. A differenza di lui.
“Dai, torniamo dentro… La prossima volta ci sposiamo io e te, cosa ne dici?” disse lei sorridendo.
“Non si può, cara cugina.”
E lei gli mise una mano sulla spalla e allora la giornata apparve un po’ migliore, un po’ meno triste, e lei restò accanto a lui fino alla fine della festa, lei separata con un sacco di problemi, lui che…
Se ne andarono dal ristorante che era già sera. Lo sguardo di Maria, che aveva capito tutto, lo sentì a lungo, e se lo portò dentro anche la notte e nei giorni seguenti. E per un po’ quella tensione si allentò perché qualcuno lo capiva, senza chiedergli niente.

Commenti

Post popolari in questo blog

🔎 Viaggio nella Giustizia: i fatti e le scelte #1

🧭 Bussola:  Il caso per decidere della libertà delle persone? Ecco il sorteggio al Csm – Vita da magistrato: storie di vita e sacrifici | Postille: sovraffollamento carcerario e processi sempre più lunghi ▪️ Questo spazio analizza la riforma costituzionale al voto e i problemi della giustizia. Il referendum riguarda libertà e sicurezza di tutti. Offriamo spunti per capire i possibili cambiamenti nella vita quotidiana, per una scelta consapevole. L’interrogativo di oggi 🏷 Affideresti la tua libertà al caso? Il sorteggio per i membri del CSM è presentato come la cura al "correntismo", ma rischia di trasformare il governo della giustizia in una lotteria. Estrarre a sorte chi deve garantire l'indipendenza dei magistrati significa rinunciare alla valutazione del merito e della responsabilità. Una giustizia affidata al caso è ancora una giustizia affidata alla Legge? 👉 [Leggi l’analisi completa: " E se la tua causa dipendesse da un'estrazione a sorte? L'insidia ...

💿 Dolores O’Riordan: proteggersi da solo? Musica come cura e monito

«E’ vero ciò che la gente dice: “Dio protegge chi si aiuta da sé, a proprio modo”.  E spesso mi sono chiesta “Chi protegge coloro che non riescono a proteggersi da soli?”» Fee Fi Fo (The Cranberries) L'ombra degli abusi e il disagio di vivere (Marina Zinzani) ▪️Una storia di abusi e il fascino della musica. Dolores O’ Riordan, la cantante dei “Cranberries” ha parlato in alcune interviste del suo buco nero, iniziato quando da bambina ha subito molestie da un amico di famiglia, molestie durate anni. Forse da lì sono partiti i suoi disturbi, l’anoressia, il disturbo bipolare, la depressione, il disagio di vivere che le aveva fatto pensare al suicidio. La musica: linguaggio dell'anima e forma di cura Ha parlato anche del suo dedicarsi alla musica, allo scrivere canzoni come una cura. Musica come forma artistica che tocca linguaggi dell’anima che sono comprensibili, in una sorta di tam tam misterioso che rende la vita più interessante, più piacevole, e fa sentire una voce amica, ...

👩‍🏫 La prima supplenza: tra pugno di ferro e cuore degli alunni

(Introduzione a Daniela Barone). C'è una foto che ritrae Daniela Barone tra i suoi primi studenti: capelli biondi, sguardo deciso e quel misto di orgoglio e apprensione che accompagna ogni esordio. Quella foto, che oggi pubblichiamo, è il fermo immagine di una battaglia vinta. In questo racconto, Daniela ci riporta indietro a una quinta classe di un Istituto Professionale per Odontotecnici, tra lanci di palline di carta e sguardi di sfida, svelando il segreto di quel mestiere difficile che non si impara sui libri: la capacità di trovare la "chiave giusta" per aprire il cuore degli alunni. Il sogno del registro e l'esordio agli Odontotecnici (Daniela Barone) ▪️ Quando ero una bambina di nove anni mi piaceva giocare a fare la maestra scribacchiando su un quadernetto a righe a mo’ di registro scolastico. Quest’attività tanto gradita faceva presagire che da grande sarei diventata un’insegnante, magari d’inglese, la mia materia preferita. Dopo il liceo fu il mio fidanzato ...

🎞️ Fermo immagine n. 1 / Note di lettura

🔍 Focus:  La capacità di "decidere bene" nei processi • varosha, città fantasma di Cipro e l'umanità perduta • natale: il senso del vuoto e la ricerca di interiorità • Uno scatto che isola momenti e spunti apparsi sul blog, per sottrarli alla velocità della rete e restituirli alla lentezza della lettura. Pause, nel flusso degli eventi, prima di riprendere il cammino. ⚖️ La capacità di "decidere bene": il grande assente nella riforma della magistratura di Angelo Perrone. Una riflessione critica che sposta l'accento dalle procedure burocratiche al cuore della funzione giudiziaria: l'attitudine al giudizio. Un'analisi su ciò che le riforme attuali sembrano trascurare nel definire la professionalità del magistrato. 👻 Varosha e il vuoto: la città fantasma di Cipro come specchio interiore di Daniela Barone. Un viaggio tra le macerie e il silenzio di una città sospesa nel tempo. Il racconto narrativo di un luogo abbandonato che diventa occasione per inter...

🥀 Vederti infine deriso, il coraggio di riconoscerti nel distacco

  (Introduzione a Maria Cristina Capitoni). C’è un istante preciso, spesso doloroso e controintuitivo, in cui amare qualcuno significa fare un passo indietro e lasciarlo solo davanti al giudizio del mondo. È il momento in cui la protezione cede il passo al riconoscimento: non sei più un’estensione delle mie ansie, ma un individuo che affronta il suo destino. Questa poesia cattura esattamente quel passaggio, definendolo come la “prima vera vittoria» dopo anni di fatica. (Maria Cristina Capitoni - POESIA) ▪️ Il momento della resa Vederti infine deriso piccolo mio e trattenere a stento  la tua difesa  quasi ti avessi spinto io  in quell’arena, La vittoria del riconoscimento fu la mia vittoria  la prima vera di una vita  dopo anni di fatica  t’ho riconosciuto La consapevolezza finale non chiedermi aiuto è stato quel che doveva adesso l’ho capito. ✒️ Post scriptum  Il testo gioca sulla tensione tra l'istinto primordiale della difesa («trattenere a sten...