di
Cristina Podestà
(Commento
a Non perdersi nel dolore, PL,
29/11/16)
L'ineluttabilità
della sofferenza e della morte cui ciascuno è destinato.
Quando siamo deboli ci spaventiamo facilmente, abbiamo una particolare sensibilità emotiva e mentale, diventiamo sensibili a tutte le sofferenze di coloro che le subiscono. Durante la mia malattia non riuscivo più a guardare in televisione sparatorie, filmati violenti, reportage sulla fame nel mondo e percepivo quanto l 'essere umano fosse precario e sospeso sul nulla, con una straziante sensibilità.
Quando siamo deboli ci spaventiamo facilmente, abbiamo una particolare sensibilità emotiva e mentale, diventiamo sensibili a tutte le sofferenze di coloro che le subiscono. Durante la mia malattia non riuscivo più a guardare in televisione sparatorie, filmati violenti, reportage sulla fame nel mondo e percepivo quanto l 'essere umano fosse precario e sospeso sul nulla, con una straziante sensibilità.
Partecipando
al dolore universale mi rendevo disponibile e comunicavo con tutti abbattendo
la solitudine in cui, poco tempo prima, mi ero protetta. Ho compreso così che
solo la piena partecipazione al dolore del mondo, ci apre all'amore per tutti
gli esseri viventi, alla pietà, alla giustizia e alla moralità, consentendo di
andare oltre le divisioni e, perfino, oltre la morte. Solo l'amore va oltre.
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