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Senza incanto

Colori, pennini e tracciati: quel che ci rivela la scrittura a mano

di Paolo Brondi

Scrivere a mano è diventato raro, mentre la muscolatura è tutta rivolta a muovere le dita per pigiare i tasti dai telefonini, del pc, del tablet. I nuovi testi digitali sembrano la panacea del sapere ma sono privi di incanto.
Si dimentica per esempio il valore che assume la scelta dell’inchiostro quando si scrive a mano.
Chi sceglie l’inchiostro azzurro, esprime uno stato d’animo tranquillo, privo di passioni, distaccato dal mondo. Manifesta un contegno distinto. Chi scrive con l’inchiostro rosso denota uno stato d’animo più focoso, più incline all’attività, più agitato. Il colore violetto, assai più raro, mostra un’affinità elettiva con il misticismo, ma può anche essere il frutto di un temporaneo umore.
Significativa è pure la scelta dei pennini o della sfera delle biro. La preferenza per tracciati filiformi conduce alla scelta di pennini piatti, denotante affinità elettiva per i contrasti; mentre scegliere pennini, o sfere, morbidi, indica passaggi e relazionalità fluide.
Preferire la matita ad un mezzo scrittorio fluido appare congeniale a persone che, nella vita di tutti i giorni, tendono ad una certa comodità, per conservare le loro forze per scopi più importanti. L’oblio verso tutti questi saperi destina ad esiti amari come quello dell’immagine di una passeggiata in carrozza, in cui si vedono tre alberi che sembrano parlarci: «i loro rami si protendono - dice Marcel Proust - come se volessero afferrarci e dirci: se non ci terrai con te, se non ci ricorderai, se non risolverai il nostro enigma, una parte di te stesso ci sfuggirà».

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