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Hey Jude

di Marina Zinzani

Le luci che si accendono nelle case al tramonto mi fanno venire malinconia. Si ritrova la famiglia: la mamma inizia a preparare la cena. Si impegna, un piatto di pasta, sughi presi dal freezer, un po’ di affettato.  È stanca, come tante sere. Il lavoro è doppio con una casa, un marito e dei figli. 
I figli saranno nelle loro stanze, altre luci accese, libri e compiti, l’auricolare poi per sentire la musica, i messaggi scambiati su Facebook. Mentre la cena cuoce, si accende un’altra luce, è il padre che arriva.
È una famiglia normale, questa.  Ognuno accende una luce nella sua stanza, ognuno segnala la sua presenza, io sono arrivato, io ci sono. I palazzi di fronte sono vetrine, persone che si muovono, parlano, si mettono a tavola.
Anch’io avevo una casa con luci che si accendevano, arrivava mia moglie, mia figlia.
Oltre alle luci, c’erano i rumori. Il rumore di tegami in cucina, la televisione sempre accesa e Nicole, mia figlia, che stava lì ore a guardarla. Il suo crescere si poteva misurare da ciò che vedeva: i cartoni animati, i programmi per ragazzi, i film di adolescenti innamorati. 
Mia moglie Maria arrivava stanca la sera, il volto trasformato da rughe più accentuate, l’umore variabile e tendente al nero, il più delle volte.
Perché le luci di una casa si spengono… Perché ne rimane una, di un uomo solo, e poi ci sono luci di un’altra casa, lei tornata dai suoi con nostra figlia, luci e rassegnazione per qualcosa che non ha funzionato. 
La pasta con un po’ di pomodoro, piatto semplice di chi è solo e non vuole cucinare, non vuole perdere tempo dato che non c’è nessuno che possa condividere con lui il suo pasto, nessuno che lo possa apprezzare.
Luci e ombre, vita che scivola via negli anni che passano, vita riempita dal lavoro e da tante incombenze che non permettono di fermarsi, di raccogliere il senso di cosa succede, sembra una corsa senza vedere i palazzi, magari un lungomare accanto, magari dei fiori.
Suona il telefono. È Nicole. Dice che vuole andare a Londra, ci va una sua amica e vuole seguirla, piccolo viaggio, lei Londra non l’ha mai vista. 
Londra… che pensieri mi vengono… I Beatles no? Mi scappa un sorriso… Sono cresciuto con le canzoni dei Beatles. Giorni felici. E un giorno fu veramente felice, uno dei più felici della mia vita: vennero a Milano. E io c’ero. Ho visto Paul, John, Ringo, George. Un’emozione indescrivibile.
Mi ricordo di un gruppo di ragazze, erano accanto a noi. Saltavano, urlavano, una di queste mi teneva il braccio, era fuori di testa. Bella ragazza. Ci perdemmo di vista però, nella calca dell’uscita. 
Bonifico da mille euro. È questo che mi chiede Nicole. Non hai altro da dirmi, piccola mia? Cosa andrai a vedere? C’è tanto da vedere a Londra, dimmi qualcosa, dimmi di te, cosa ti interessa ora.
Tu sai appena chi erano i Beatles, quello che sono significati per noi, difficile dirlo, difficile spiegare quattro ragazzi che ti riempiono le giornate, le riempiono di una gioia sottile, leggerezza, attesa per l’uscita del loro nuovo album, ma è vero che Paul McCartney è morto il 9 novembre 1966 e quello che canta è solo un sosia? No, non vedi che è uguale, beh, deve essere lui, ha scritto Hey Jude dopo, come potrebbe avere scritto Hey Jude un sosia? 
Eppure, si diceva, c’era un prima e un dopo, dopo il 9 novembre 1966.
C’è sempre un prima e un dopo, dopo quello che si è diventati, lavori che hanno preso la linfa, la giovinezza, e poi la gioia breve di un matrimonio e le persone che si trasformano, mutano, oppure le vediamo per quello che sono realmente, senza il velo magico chiamato amore.
Prima e dopo che succede a tutti, ogni cosa evapora in un attimo e ci si chiede dove sono andati gli anni, cosa è successo nel 1980, nel 1981, nel 1990…  e non si ricorda, non si ricorda niente… 
Personaggi finti, come si diceva di Paul allora, un finto Paul. Un finto me stesso, tutti questi anni. Forse quello che girava in bicicletta per Milano, innamorato di una ragazzina a cui non sapeva come dirglielo, era vero. 
Mille euro, va bene? Le parole di Nicole sono seccate. Non le ho ancora dato una risposta.
Va bene, le dico. Fammelo subito il bonifico, papà.

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