Al Grande Fratello Vip, in scena la depressione
di Marina Zinzani
La vicenda di Marco Bellavia, all’interno della casa del Grande Fratello Vip, ha fatto discutere e pensare. È uscito dalla casa di sua volontà a causa del clima ostile instaurato dalla maggior parte dei concorrenti. Questi hanno ironizzato, commentato negativamente i suoi problemi di depressione e disagio, e tutto questo è stato definito come bullismo. Parola che sembrava riservata solo ai ragazzini.
Sono intervenuti tantissimi commenti negativi sul web, a condanna di chi l’aveva preso di mira, e due concorrenti sono stati squalificati.
Una delle prime cose che viene da pensare che stavolta la sensibilità è partita dal web, che ha preso le difese di Bellavia, inquadrando le situazioni in cui si è trovato come atti di superficialità, di parole dette senza pensare alle sofferenze di una persona. Tanti contro uno. Il disagio non compreso, commentato negativamente dal gruppo.
Nei commenti riportati sul web, più di uno si è definito vittima di bullismo, e quindi sa cosa significa l’essere emarginato, deriso, sa il danno che possono fare le parole. Parole e fatti che a volte hanno indotto al suicidio le vittime.
Un’altra cosa che viene da pensare è che il Grande Fratello Vip non era propriamente il luogo adatto per parlare dei propri problemi, e qui sta forse l’ingenuità di Marco Bellavia che credeva di trovare compagni migliori.
Più di un attore, di un’attrice, di una persona famosa, ha parlato di depressione in pubblico. A volte queste persone ne hanno parlato in un libro, a volte in un’intervista, facendo partecipi del periodo oscuro, della mancanza di voglia di vivere, del tunnel che hanno dovuto attraversare. Sono persone spesso famose, ricche, che possono avere il mondo ai propri piedi, ma la depressione è qualcosa di subdolo, sottile, che si insinua nelle crepe di esistenze che da fuori sembrano fortunate, ma non lo sono. Il disagio nelle relazioni, il fallimento di una storia d’amore, un essere accantonati nel lavoro, un flop non previsto, aprono le porte a periodi bui in cui è facile perdersi. Questo riguarda non solo le persone famose, ma un po’ tutti.
Parlarne può aiutare, dice qualcuno. C’è da dire che il dazio che si paga può essere elevato, quando si parla pubblicamente di depressione. Un dazio pesante se l’interlocutore, o gli altri, non sono all’altezza. Un dazio pesante che può diventare commento, etichetta.
Fra le persone famose, un attore può apparire più affascinante, un’attrice può fare qualche intervista in tv piena di pathos, questo può andare bene. Nella vita comune invece si è catalogati facilmente. E così la persona che si è aperta con qualcuno, con l’interlocutore sbagliato, assume un’identità data da altri, che difficilmente andrà via.
Si è perduto il senso dell’ascolto, il senso dell’empatia, il senso delle comuni fragilità. Nelle conversazioni che riguardano i propri momenti bui, le proprie paure, bisognerebbe scegliere l’interlocutore che abbia empatia per prima cosa, e spesso l’empatia si ha quando si sa di cosa si parla, perché già provato sulla propria pelle.
Ma oggi è difficile trovare l’empatia. Molti non sanno neanche il significato di questa parola.
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