Racconto di Paolo Brondi
Quello era uno di quei giorni in cui il maestrale, forte agitando le fronde, annunciava l’inverno. Giulio, all’alba, era già sulla spiaggia dove, di solito, cullandosi nel vento e nel sapore del mare, scioglieva i suoi affanni e ogni più pesante pensiero.
Quello era uno di quei giorni in cui il maestrale, forte agitando le fronde, annunciava l’inverno. Giulio, all’alba, era già sulla spiaggia dove, di solito, cullandosi nel vento e nel sapore del mare, scioglieva i suoi affanni e ogni più pesante pensiero.
Superando una duna si
avviò a passi lenti verso la riva e si sdraiò ove la sabbia era appena sfiorata
dalla marea decrescente. Un poco
dopo, scorse in lontananza una figura rannicchiata là ove la marea continuava
il suo giro. Si avvicinò e si rese conto che si trattava di una donna: era a
capo scoperto, chino in basso e con capelli biondi e scomposti che le
nascondevano il volto. Le rivolse un saluto: “Buon giorno… ha bisogno di
aiuto?” Lei si voltò: i suoi occhi erano pieni di lacrime e le sue mani
tremavano. Rispose con un filo di voce: “Grazie… non ho bisogno di niente…. la
prego… mi lasci sola ..”
Non replicò e si sedette accanto a lei. Per un po’,
rimasero in silenzio: lei ora guardava intensamente il mare; lui, con
un’occhiata, apparentemente distratta, cercava di costruirsi un’immagine più
completa e positiva della donna perché ne aveva notata la finezza dei tratti,
la giovinezza che traspariva da ogni suo pur minimo movimento. Si chiedeva da
dove e perché era capitata lì, all’alba o forse anche prima, di quel giorno
così ventoso. Forse era sua la macchina sportiva che aveva visto posteggiata
sul litorale e chissà se il suo pianto non fosse la risposta ad una drammatica
delusione d’amore. Intanto, le sue mani apparivano meno tremanti e tutto il
corpo si mostrava più rilassato.
Era evidente che la vicinanza dell’uomo, accettato
nonostante l’iniziale diniego, provocava in lei una muta intesa e una sicurezza
nuova. “Sono in un tremendo pasticcio, mi creda e mi dispiace di essere stata
brusca, prima.. mi aiuti, la prego .. Sono ore ed ore che sto fuggendo … non so dove rifugiarmi e in che modo salvarmi..”. Al dottor
Belli quelle affermazioni, così spezzettate ed enfatiche, parvero un delirio e
mosso da pietà, le poggiò il braccio sulla spalla. Lei subito si appoggiò tutta
a lui, reclinò un poco il capo, ma subito, con uno scatto improvviso. Si alzò e fuggì via.
Sorpreso per l’atto imprevisto, invano la rincorse.
Riuscì solo ad ammirare la leggerezza della sua corsa e quando raggiunse il
litorale lei sfrecciava via con la sua auto. Mentre cercava di leggere la targa si sentì chiamare
ripetutamente: “Dottor Belli, venga …devo portarla subito dal procuratore!” Era
il suo amico maresciallo che lo invitava a salire sulla macchina di servizio e
intanto lettere e numeri della targa si dileguavano. La macchina percorreva
veloce l’autostrada per Lucca e il maresciallo, Roberto Landi, bella persona e
grande investigatore, con esperta discrezione, cercava di scuotere il dottor
Belli, chiuso in un mutismo inconsueto.
”Dottor Belli, sa che stamani, prima ancora che
sorgesse il sole abbiamo rincorso e bloccato una bellissima signora che sulla
litoranea andava a più di 150 …. “Com’era quella signora? Era forse bionda,
carina, giovane. e con macchina
sportiva?” “Proprio così, dottor Belli. Eh… lei non se ne fa scappare
nessuna…vedo che la conosce bene. È una sua amica?”. “Caro maresciallo, l’ho
solo incontrata sulla spiaggia... appariva sconvolta e quando cominciavo a
conoscerla meglio è fuggita via, non so nemmeno il suo nome”. “Lo so io il suo
nome… ed anche l’indirizzo…le ho fatto il verbale ! Si chiama – me lo ricordo
bene - Cristina Nelli, di anni trentaquattro, residente a Siena, in via di
Città 59” .
Appena giunto negli uffici della Procura presso il
Tribunale di Lucca, venne subito ricevuto dal procuratore della Repubblica,
Enrico Conti. “Dottor Belli, come
sta? Vedo che è in ottima forma e quindi anche questa volta mi dovrà aiutare a
concludere un caso assai tragico e complicato. Lei avrà saputo dai giornali
dell’uccisione di una ragazza di appena 25 anni, Luisa Samperi. E’ stata trovata nella casa dei
genitori, una villa nei dintorni di Montecarlo di Lucca, uccisa con un solo
colpo al cuore. Dalle
testimonianze finora raccolte sappiamo che era sola in casa, genitori e
fratello risultano impegnati altrove: il padre è un senatore e la madre gli fa
da segretaria, quindi quasi sempre sono a Roma; il fratello è ingegnere e
spesso lavora all’estero… poi ha una compagna che vive tra Siena e Firenze,
quindi si capisce bene che a casa c’è poco. Ma veniamo a noi: la polizia non
riesce ancora a formulare un’ipotesi per l’attribuzione delle responsabilità
dell’assassinio.
Abbiamo tutta una serie di indizi, ma nessuna
certezza: non si è trovata alcuna forzatura di porte o finestre; chi ha sparato
il colpo lo ha fatto con assoluta precisione, perché ha raggiunto il cuore e la
poveretta è stramazzata a terra, senza gran spargimento di sangue. L’arma non
si è ancora trovata. La scoperta del corpo è stata fatta dalla domestica, alle
otto di mattina e secondo il medico la morte risale alle ore 21 della sera
prima. Siamo di fronte ad un vero rebus. Eppure noi dobbiamo venirne a capo.
Sono state trovati, nella camera studio della giovane, appunti sparsi, lettere
e un diario e qui entra in ballo lei.
La nomino consulente con il compito di ricavare dalle
varie scritture informazioni e notizie sulla sua personalità, abitudini, amici,
amori, interessi, e quant’altro utile all’indagine. Naturalmente lo autorizzo a
ricercare persone e a convocarle per individuare ogni possibile luce sul caso.
Ultima raccomandazione: questa volta dovrà terminare la sua ricerca in tempi
brevi. Siamo d’accordo?” .“ Certamente, signor procuratore, comprendo l’urgenza
della risposta e accolgo positivamente l’invito”. Con un reciproco sorriso d’intesa e simpatia si salutarono.
Ricevuto il pacco dei reperti dalla segretaria del
procuratore, si avviò all’uscita del Tribunale ove trovò ad aspettarlo il
maresciallo e con lui tornò al suo studio. Mentre percorrevano la bretella che
da Lucca porta a Viareggio e poi all’uscita Versilia, il maestrale
intensificava le sue folate costringendo al rallentamento della velocità,
e consentendo lo scambio di notizie e pareri: “Povera ragazza-
commentava il maresciallo - l’hanno trovata stramazzata a terra e con la mano
destra stretta su una penna, probabilmente, prima di incontrare
l’assassino, stava scrivendo
qualcosa e forse lo scritto sarà fra i documenti che le hanno consegnato”.
“Caro maresciallo, guardi là quel cimitero … sembra
sospeso sulla pendice del colle e per tutto il giorno le tombe, orientate verso
il lago di Massaciuccoli, biancheggiano al sole negando il nero della vita ed
appianando ogni rumore… I morti là riposano bene e attendono quieti che altri a
loro si congiunga. Anche la nostra povera ragazza la vedrei volentieri sepolta
lì , graziata dal ritmo silente delle cose”. “L’ho presente. E’ un bel cimitero
ma so che ogni tanto una frana fa scivolare più sotto qualche tomba. Anche lì
non tutti i morti riposano quieti…”.
Tornato allo studio, Giulio si dispose ad esaminare i
documenti consegnatigli dalla Cancelleria, ma ben presto i morsi della fame
interruppero il suo impegno. Si recò nel suo solito bar. Si sedette comodamente
a un tavolo, posto in un quieto angolo della sala interna, mentre fuori e sulla
veranda, il vento continuava a sollevare foglie e a sibilare fra le tende:
girava e rigirava, tornando incessante sui suoi giri. Si accontentò di alcune
tartine al caviale accompagnate da una coppa di prosecco, come aperitivo e, con
calma, ordinò poi un piatto di farfalle al salmone, un bicchiere di vino rosso
e infine un caffè.
Si diresse verso casa e, con grande sorpresa, trovò
rannicchiata, sui gradini dell’ingresso principale, la donna della spiaggia!
Con impeto si alzò, guardandolo intensamente e disse. “Buon giorno". ho ancora urgente bisogno di aiuto!”.
”Lei !"? Non pensavo di rivederla così presto! Come ha fatto a trovarmi? -
rispose il dottor Belli - ma è più opportuno credo entrare in casa, mi
racconterà tutto nel mio studio”. Girò la chiave della porta ed un terribile
sospetto lo prese: sua abitudine era di dar tre giri di chiave ed ora la porta
si aprì dopo un unico giro, né quello era il giorno della donna delle pulizie!
“Qualcuno è entrato in casa –pensò- e forse è ancora qui nascosto!”.
Entrò cauto, facendo cenno alla donna di seguirlo in
silenzio. Un improvviso fruscio la fece trasalire e si appoggiò tremante a lui.
“Nessuna paura…! Questo è il mio gatto che è balzato sulla sua poltrona
preferita!”. In casa non c’era nessuno. Eppure era rimasta la traccia di un
passaggio: sulla scrivania appariva riposto ben in evidenza un messaggio,
scritto in stampatello e su un foglio da disegno: “Dottor Belli rinunzi al caso
o farà la fine della Luisa!”.
Giulio non toccò il foglio, ma lo prese con una
pinzetta, riponendolo in una busta trasparente. Nel silenzio che accompagnava
quell’operazione e la nube di perplessità che addensava ancor più il tormento
di Cristina, sentì lo scalpiccio di un passo e voltandosi restò paralizzato: un
uomo stava puntando la pistola su entrambi ! “E’ lui"..è proprio l’uomo che mi ha inseguito…che ha
cercato di spararmi ”! – gridò Cristina.
Subito fu messa a tacere con un ghigno dell’uomo e
con l’arma che le veniva puntata
verso la testa. ”Si calmi.. che cosa chiede… Che cosa vuole? – esclamò Giulio,
irato con se stesso per aver scambiato il rumore del gatto con quello di un
uomo che si nascondeva. “Stia zitto lei … e alla svelta prenda i documenti che
gli hanno dato in cancelleria e me li consegni!” Giulio finse di consentire
alla richiesta e intanto studiava la personalità dell’avversario.
Nel raccogliere insieme i documenti e nell’avviarsi a
porgerli all’uomo, la mente del Belli si faceva calma ed estremamente
percettiva ed i muscoli assai contratti. Poi tutto si svolse in un attimo:
mentre l’uomo afferrava i documenti con la mano sinistra, il Belli, con mossa
rapidissima gli sferrò un colpo sulla mano destra e la pistola cadde a terra,
quindi lo afferrò lateralmente al collo, all’altezza delle giugolari e con una
rotazione dei polsi, effettuò una pressione sui due lati del collo. L’effetto
fu dirompente: l’aggressore si afflosciò svenuto. “Oh, buon Dio - esclamò
Cristina - lo ha ucciso!”. “ Assolutamente no! - rispose Giulio - l’ho solo
reso inoffensivo , ed ora chiamiamo subito i carabinieri”.
Il maresciallo e i suoi uomini si precipitarono nello
studio del criminologo, mentre l’aggressore era ancora incosciente ed il vento
fuori aumentava di intensità e di violenza facendo sbattere le persiane e
sibilare le minute fessure. Alla vista della scena il maresciallo esclamò:
“Dottor Belli, lei mi facilita sempre il caso! Questo è l’uomo che ci è stato
segnalato dalla questura di Siena. Uno studente lo ha descritto con estrema
precisione ed ha testimoniato che ha sparato ad una donna, senza colpirla,
perché rapidamente fuggita via in auto. E la donna - rivolgendosi a Cristina -
è proprio lei, non è vero? Credo che ci potrà dare tante spiegazioni!” Cristina annuì, piangendo: osservato da
vicino l’uomo che a terra pareva dormisse provò pietà per lui e per la sua
sorte. Improvvisamente si rese
conto di tutto: “Ora mi
ricordo il nome di quest’uomo e so anche perché ha tentato di uccidermi. Si
chiama Rino Bianchi e accusava me e Luisa di aver provocato la morte di Olga, la figlia”. Giulio scosse la
testa: “Prenda la pistola, maresciallo e la custodisca con cura, potrebbe
essere una prova valida. Le consegno anche questa busta, contiene una frase
minacciosa. Più avanti faremo all’uomo una prova grafica di confronto. E tutto
quello che possiamo fare per ora. Risvegliamolo e portiamolo in caserma. Verrà
anch’io, insieme a Cristina e
procederemo all’esame di entrambi.
Il primo movimento del caduto fu di voltare il capo
con furia negli occhi, come se un
fuoco dentro lo divorasse e senza alzarsi
parlò: “ho vendicato mia figlia.. aveva solo 20 anni.. loro me l’ hanno
uccisa .. con le loro assurde teorie e inutili cure… ho ucciso la principale
responsabile, Luisa e volevo uccidere anche lei, Cristina, sua segretaria.
Guardate, leggete.. che cosa hanno scritto su mia figlia …leggete la diagnosi… Deve essere lì, in quelle carte… le carte che la
pietà e il dolore per la mia povera Olga mi hanno spinto a tentare di portare
via per impedire che altri sapesse”.
Giulio aveva la faccia un po’ stanca quando si girò
verso la donna: Cristina sembrava stordita, indecisa e stringeva il fazzoletto
con cui asciugava le lacrime. Trasse dal mobile buffet una bottiglia di cognac
e bevvero entrambi un bicchierino colmo. Si sedettero l’uno di fronte all’altra
e lei spontaneamente prese a parlare. “ Luisa, dopo la laurea, in biologia, è
vissuta quasi quattro anni negli Stati Uniti, a Boston, poi si è trasferita a
Clearwater, Florida, nel Fort Harrison Hotel, mecca di Scientology”.
Tornata in Italia ha dato vita ad un centro di
dianetica, utilizzando alcune stanze della casa paterna. Eccezionale è subito apparsa la sua
competenza scientifica nel campo della salute mentale ed estremamente facile
per lei il raggiungimento dell’obiettivo di aiutare gli individui ad accrescere
l’intelligenza, eliminando i disturbi psichici e curando tutta una varietà di
malattie. Ha avuto successo. Tantissimi sono stati i suoi clienti, al punto che
ha avuto bisogno di una segretaria ed ha assunto me. Io sono laureata in
psicologia”.
Il dottor Belli si alzò: “Forse fra i documenti
contesi dal nostro aggressore ci sono le rivelazioni della figlia?
Vediamo!”
Trovò una lettera firmata Olga. La mostrò a Cristina
e prese a leggerla a voce alta: “La
mia malattia è cominciata a 16 anni. Ha coinciso con la solitudine, la graduale
perdita di amicizie, la mia volontà di non uscire a divertirmi. Sempre più mi
sono concentrata nello studio, passavo tutto il pomeriggio sui libri. A 18
anni, ho conosciuto un ragazzo che mi ha cambiato la vita e mi ha aiutata molto
ad affrontare la mia malattia. Ma gli sbalzi d’umore continuavano, a volte ero
felice, ridevo e chiacchieravo con lui, altre volte ero fredda, distaccata e
non sapevo bene comprendere i miei sentimenti nei suoi confronti. Il mio veloce
calo di peso mi ha cambiato molto: sono diventata incerta su ogni cosa perché
ricercavo in tutto la perfezione. Ho perso fiducia in me stessa. Il cibo è
diventato la mia ossessione, tutto il giorno il mio pensiero era fisso là, su
cosa avevo mangiato, su cosa avrei dovuto mangiare dopo.”
“Basta, la prego, smetta di leggere, dottor Belli…”,
esclamò Cristina, con voce tremula e sguardo smarrito. “Ho bisogno di sfogarmi,
una buona volta. Dirò io quello che è accaduto alla ragazza”. “La ragazza è
venuta da noi dopo varie esperienze di cura, in strutture private e
ospedaliere, spesso a base di
flebo e di antibiotici. Era magrissima e l’anoressia nervosa la divorava.
Luisa, nonostante le mie perplessità, l’accolse e le promise la guarigione. La
terapia di Luisa consisteva nello scoprire i problemi connessi ad eventi
traumatici, per eliminarli e far raggiungere alla mente di Olga lo stato di
Clear, ovvero uno stato in cui poteva e doveva essere in grado di “funzionare”
al pieno delle proprie potenzialità. Luisa era sicura che tale stato portasse a
maturare l’istinto di sopravvivenza e la scomparsa della malattia. Ma Olga non
raggiunse mai lo stato di clear.
Intanto la sua malattia non si rallentava e lei era
sempre più magra. Quando mancò l’appuntamento programmato, tememmo subito il
peggio: Olga si era impiccata!”. Cristina finì di parlare rotta dai singhiozzi.
Si affollavano nella sua mente le immagini della povera Olga, così piena di
speranza nei primi tempi, e la faccia maligna e feroce del padre che cercava
vendetta, spinto inconsciamente a recar vendetta a se stesso. Poi le immagini
si allontanarono e Cristina si guardò intorno. Un leggero sorriso increspò le
sua labbra, quando vide il dottor Belli chinato e pensoso, con il volto tra le
mani: si avvicinò, gli prese con dolcezza le mani e le sfiorò con un bacio.
Cristina partì all’imbrunire e Giulio volle leggere
la parte finale della lettera di Olga. L’ipotesi era quella di confermare, o
no, le ammissioni di Cristina. “Ho deciso che dovevo assolutamente curarmi.
Così, anche con l’aiuto dei miei, abbiamo iniziato ad informarci sulla presenza
di strutture che mi potessero seguire e curare. Ci è parsa promettente la
pubblicità del centro di dianetica ed anche i primi incontri con la direttrice
mi sono molto piaciuti. Sono stata contenta di questa scelta. Poi, è tornata
l’iperattività. Dovevo smaltire al più presto quello che mangiavo e no riuscivo
a stare ferma. Quella terapia non mi ha cambiato molto. Non riuscivo a
riprendere peso”.
Fuori, cessata la furia del maestrale, il cielo si
era un poco rasserenato e già spuntava la luna, ma la sua lenta dolcezza né
alleggeriva la pesantezza dell’animo di Giulio, né calmava il rumoreggiare del
mare … Lasciò scorrere le ore e solo nei giorni successivi, dopo avere studiato
a lungo le carte e raggiunta la distensione necessaria, rispose ai quesiti
propostigli.
”È stato facile ottenere la confessione del
responsabile dell’uccisione della dottoressa Luisa Samperi. Il padre, tale Rino
Bianchi, ha vendicato la morte della figlia Olga, curata irresponsabilmente, a
suo avviso, nel centro di dianetica diretto dalla vittima. Luisa Samperi ha creduto
di trovare nella scientologia e nella dianetica indicazioni per la cura ed il
superamento delle malattie. Di fatto, ha ottenuto successo nella maggior parte
dei casi, ma non in quello di Olga, figlia di Rino Bianchi. Che cosa può aver
rappresentato per Olga un modello di cura incentrato sull’ascolto di tutte le
sue negatività e sulla loro eliminazionese se non una sorta di favola,
considerato che nessun miglioramento veniva a mutare la sua quotidiana
dolorosità e non trovava altro rimedio che nell’impiccarsi. Di certo la pazzia
si è fatta strada nel cervello di un padre alla vista della figlia impiccata e
la vendetta ha armato la sua mano. Uccidendo Luisa Samperi, direttrice del
centro di dianetica, probabilmente mirava ad uccidere il sistema da lei messo
in atto, un sistema di pratiche curative basato su riferimenti teorici
collegati a singoli esseri umani, con indifferenza.”
Passarono alcuni giorni e Cristina telefonò. “Dottor
Belli .. Giulio.. perché non mi raggiunge a Siena. All’Accademia musicale
Chigiana stasera è in programma un interessante concerto con la presenza del
gruppo vocale degli Swingle Singers? Mi sono già permessa di prendere un
biglietto anche per Lei!” Giulio accettò l’invito. La raggiunse nel tardo
pomeriggio e, quando furono vicini, senza parole, si guardarono intensamente e
con incantevole tenerezza si abbracciarono. Seduti accanto, ascoltarono la
musica degli Swingle, così ricca di vibrazioni ed in cui il what si scioglie
nell’how, facendosi movimento di luce. Cristina si sentiva alleggerita, serena;
nei suoi occhi si leggeva tutta la gioia attesa da sempre. Giulio la guardò e a
lungo le strinse la mano. Finito il concerto, mano nella mano, attraversarono
piazza del campo e raggiunsero il monolocale. Non parlarono più: lieve era il
loro passo e nella mente cresceva il desiderio come fiore che attende il forte
calore del sole. Seguirono ore dolcissime e poi, quieti e felici, si
addormentarono, mentre fuori il cielo era pieno di stelle.
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