di Paolo Brondi
Addentrarsi nel territorio inquietante della sofferenza esistenziale
significa comprendere che il soffrire non è mai un'esperienza unicamente
individuale, riguarda tutti, nel gioco della solidarietà che dovremmo sempre
perseguire, e, per il senso che l’esistenza ha sempre, anche quando è pregna di
dolore e comprende pure la morte. Solo così il dolore diventa comunicabile,
oltre il muro di solitudine in cui è rinserrato chi soffre o quello difensivo o
indifferente di tutti gli altri e si rende produttivo di nuove possibilità, di
un nuovo sapere.
Espressivo il racconto di un ragazzo cui si ammalò la madre fino a
morire. Quel ragazzo, quel figlio, è stato accanto a sua madre fino all’ultimo
seguendo il suo respiro sempre più affrettato perdendosi nella luce dei suoi
occhi che, fino all’ultima coscienza, gli dicevano tante cose, le cose di
sempre, la loro vita, tante vicende, lieti, tristi, chiuse in un circuito di
struggimento, ma attraversate sempre dal loro esser vicini, dal volersi bene.
Poi quel ragazzo ogni giorno le ha portato fiori in un piccolo cimitero, sulla
tomba scaldata dal sole, continuando a dialogare con lei, sciogliendo, via via,
la dura legge del dover morire, per la forza e la verità dell’amore.
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