di
Marina Zinzani
(Suicida per i
bulli a scuola, il diario di Emilie pubblicato dai genitori)
“A chi subisce
la vita. A chi lotta. Resistete. Battetevi. Alla fine ce la caveremo”.
E’
l’inizio di un diario. Non un diario di un soldato al fronte. Non le pagine di
un malato con una malattia da cui forse non ne uscirà vivo.
Non le parole di chi ha perduto un affetto, ogni cosa materiale, tutto.
Non le parole di chi ha perduto un affetto, ogni cosa materiale, tutto.
Eppure
siamo al fronte. Quello quotidiano, quello che non si pensa minimamente possa
diventare un fronte, con parole e gesta e violenze e soprusi che sono difficili
da raccontare e difficili da ascoltare.
Sono
le parole di Emilie, una diciassettenne di Lille, in Francia.
“Quanto più
invecchiavo, quanto più insipide mi parevano le piccole soddisfazioni che la
vita mi dava, tanto più chiaramente comprendevo dove andasse cercata la fonte
delle gioie della vita. Imparai che essere amati non è niente, mentre amare è
tutto, e sempre più mi parve di capire che ciò che dà valore e piacere alla
nostra esistenza non è altro che la nostra capacità di sentire.” (Herman Hesse, Sull’amore)
Sentire.
A volte sentire è una colpa. Chissà se hanno pensato questo i genitori di
Emilie.
Emilie
abitava a Lille, in Francia. Ha nascosto ai genitori i molteplici episodi di
bullismo di cui è stata vittima. I genitori, una volta appreso delle violenze
che aveva subito, le avevano fatto cambiare scuola. Ma Emilie non ce l’ha
fatta. Caduta in depressione, si è suicidata. I genitori hanno pubblicato il
suo diario.
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