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Movida e alcol, viaggio nella notte dei giovanissimi

Il consumo di alcol tra giovanissimi è un fenomeno dilagante nella vita notturna delle grandi città


(Angelo Perrone) Il consumo di alcol da parte di giovanissimi, dai 14 anni in su, sta diventando un fenomeno sociale, aspetto preoccupante della vita notturna in tante città italiane. Un milione di ragazzi è a rischio alcolismo dall’inizio della pandemia, i consumi sono aumentati del 200%, 10 milioni di persone hanno dipendenza.
Sarebbe un grave errore colpevolizzare tutti i giovani per un fenomeno che investe solo alcuni, e che andrebbe affrontato con interventi mirati. Oppure etichettare l’uso del tempo libero giovanile in termini di “mala-movida”. E tuttavia l’abuso dell’alcol non va sottovalutato, non solo per gli effetti di microcriminalità.
I maggiori focolai sono nel fine settimana. Da moda importata con avventatezza (il binge drinking, bere sino allo sballo) a passatempo diffuso del sabato sera, il passo è stato breve. Così il consumo esagerato, e culminante nello sballo finale, ha preso rapidamente piede tra i ragazzini, facendo molte vittime.
Non c’è soltanto un maggior uso di alcolici, spesso insieme ad altre sostanze. Si moltiplicano i casi limite di coma etilico o di svenimento per ubriachezza, senza differenze tra maschi e femmine. “Perdere il controllo”, e non solo bere di più in allegria, a supporto della socialità, sembra essere l’obiettivo di troppi giovani.
Sembrerebbe un modo anomalo per sperimentare i propri limiti, mettersi alla prova davanti agli altri, financo dimostrare quanto si è capaci di infrangere le regole. Sullo sfondo, il tentativo di evadere i problemi. Con un paradosso: il consumo avviene in gruppo, è praticato per entrare in relazione con gli altri, e però l’abuso dà origine ad un meccanismo opposto, è alienante, provoca l’isolamento, genera il distacco dalla realtà quotidiana.
La facile reperibilità, la scarsa conoscenza dei danni, soprattutto il grado di accettazione sociale rispetto alle altre sostanze ritenute più pericolose, concorrono ad alimentare la tendenza facendone sottostimare la problematicità. 
L’esaltazione degenera: schiamazzi, assembramenti a rischio Covid davanti ai locali, disturbo del riposo dei residenti, imbrattamento di cose, abbandono di rifiuti ed escrementi nelle strade così ridotte a discarica o latrina. Non stupisce allora che la discussione si orienti sui temi della gestione del territorio e sulle politiche di ordine pubblico. Ripristinare l’ordine, la sicurezza, il decoro: impegno preminente.
Si invocano regole più stringenti sulle attività commerciali e sull’accesso ai centri storici, limitazioni nelle aperture dei locali, nella vendita di alcol, nell’occupazione del suolo pubblico con i tavolini e si chiede una maggiore presenza delle forze dell’ordine. È lo scenario della movida, a Milano, Firenze, Roma, Napoli.
Il limite di questa prospettiva, che pure è giustificata, è quello di vedere l’alcolismo giovanile, e in genere il divertimento giovanile, dall’esterno. Si cerca un equilibrio tra l’esuberanza giovanile e le ragioni dei residenti o dei commercianti, per ridimensionare l’esuberanza giovanile e renderla tollerabile.
Si vuole circoscrivere il fenomeno lasciandolo però intatto nella sua contraddittorietà, perché non nuoccia. Si invocano soluzioni perché il diritto al divertimento si coniughi con il rispetto delle regole e con la tutela dei minori. Oppure si auspica la creazione di uno “spazio movida”. Non ci si interroga invece sui modelli di svago, e sulla natura del divertimento. Tra evasione e socialità.
Il consumo compulsivo di alcol è un accumulo disordinato di sensazioni, stordimento anarchico, iperattivismo frenetico, che porta ad attivare un processo di esclusione dalla vita, risultato opposto a quello che si vorrebbe. Questo esaurire sé stesso nell’estremismo dei gesti distrugge il valore dell’esperienza. 
Il disagio giovanile, riflesso nella crescita dell’alcolismo e, in ulteriore misura, nell’euforia insensata, è indice allarmante dall’assenza di una pedagogia sociale, di una educazione collettiva di cui in verità avremmo bisogno tutti, ragazzi ed adulti. 
È indispensabile, ma non basta, una più severa gestione degli spazi pubblici. Si possono praticare differenti schemi di svago, divertimento e aggregazione giovanile, e farli vivere nel contesto urbano, se ci si interroga sul modello di comunità che vogliamo costruire anche nel tempo libero dal lavoro.

Commenti

  1. Condivido con Lei questa analisi sociologica, perfetta nel suo svolgersi. Sono ragazzi soli, allo sbando, senza famiglie che li controllino, senza legge che li tuteli.
    Non conoscono nulla della vita e stanno tracciandosi un percorso senza divertimento e senza veri scopi. Sono il nostro domani, dobbiamo tutelarli

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