di Marina Zinzani
Il sole cocente nei campi, orari assurdi che ricordano la schiavitù, la paga misera ma necessaria, storie come tante, raccontate, discusse, dimenticate.
Se ci fosse traccia dell’energia, questa resterebbe nell’aria, viaggerebbe per tanti chilometri, arrivando nelle nostre case, sulla nostra tavola, nei nostri piatti.
L’energia associata ai pomodori e a chi li ha raccolti. L’energia racconterebbe della fatica di questi uomini che lavorano nei campi, sfruttati, offesi, invisibili. Parlerebbe delle loro antiche speranze e della loro realtà senza più sogni.
Storie di dolore e sopraffazione su cui cade il silenzio. Da una parte la natura che ci ha donato la bellezza e la bontà di un pomodoro, dall’altra le mani di chi l’ha raccolto, uomini con le loro storie terribili, i loro viaggi della speranza, lo sfruttamento senza confini. Si dovrebbe ricordare che il lavoro dovrebbe coincidere con i diritti dei lavoratori. Parole ribadite continuamente, i diritti dei lavoratori. È il rispetto elementare della vita umana, sopra ad ogni cosa.
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