Le canzoni ci
ricordano i sapori di altre stagioni, che appartengono ormai al passato
di Marina Zinzani
Chi
si volta indietro vede volti scomparsi, anche il proprio. Altre fisionomie,
altri abiti, altri pensieri. Chi si volta indietro rivede banchi e compagni di
scuola e ricorda poco, accenni di giorni, libri e parole insieme. Chi si volta
indietro vede il vuoto.
Cosa è rimasto ora, ora che il corpo è sfiorito o si è trasformato, e ogni cosa appare cambiata? Il battito di cuore di allora è la paura, o la disillusione, di oggi.
Cosa è rimasto ora, ora che il corpo è sfiorito o si è trasformato, e ogni cosa appare cambiata? Il battito di cuore di allora è la paura, o la disillusione, di oggi.
Quando
si riascolta una canzone di quegli anni spensierati, in cui si andava in bicicletta
con i compagni, in cui ci si ritrovava al mare in mattinate piene di sole, e la
brezza del mare la sentivi, e con essa i sapori, gli odori di abbronzante al
cocco, quando si riascolta una canzone di allora la luce si riaccende, e per un
po’, una frazione di secondo o qualche minuto, riappare quello che
eravamo. La canzone ci accompagna in una
luce misteriosamente accesa, batte ancora il cuore di allora.
Poi
si riprende, è finita. Si torna con le nostre appesantite maschere, le nostre
rughe, e tutto è tiepido, velato di malinconia e sottile paura.
Essere
giovani, gli esami da fare, dire “Io voglio fare…”, è l’incanto di un momento. Battito
d’ali. Poi si diventa grandi, responsabilità e doveri. Continua così la vita. E
quelle musiche appaiono lontane, dimenticate, perdute.
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