La marcia
della pace Perugia-Assisi: una speranza per il presente
di Paolo Brondi
Appare
preponderante, nel tempo nostro, il numero di chi non ha dubbi che la forza del
corpo e la prepotenza delle voci entrino a far parte delle forze del potere;
che promesse e proposte nascano, durino un poco e poi svaniscano; che il nulla che
rincorre il nulla s'imponga ed educhi coscienza e civiltà.
Globale sembra farsi il processo di evanescenza delle cose e incessante l'esercizio del tanto che è un niente valoriale.
Globale sembra farsi il processo di evanescenza delle cose e incessante l'esercizio del tanto che è un niente valoriale.
Da qui l’urgenza di
riprendere a salire i gradini del vivere e le scelte del pensiero e dell’azione
con la consapevolezza che “l’uomo è costantemente fuori di se stesso; solo proiettandosi e
perdendosi fuori di sé egli fa esistere l’uomo … e solo perseguendo fini
trascendenti egli può esistere”
(J.P. Sartre, L’esistenzialismo è un
umanismo, Milano, Mursia 1963), ma ancor più seguendo il percorso verso il
senso della vita, il bene e la verità, la bellezza, proposto dalla religione e
celebrato nella marcia per la pace di Perugia.
Non c’è dubbio che, per
il gran numero dei giovani di Perugia, grande è la speranza che ci sia un
ribaltamento degli eventi, un ringiovanimento, una rinnovata possibilità di rivivere
il tempo perduto, non solo lungo i giri della memoria, ma nell’esserci pienamente,
al di là di ogni frammentazione e prepotenza esistenziale.
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