Raffaele De Grada |
(ap)
Una tavolozza tra le dita, in riva ad un fiume, sulla spiaggia, davanti ad un
prato, in un giardino. Nel nostro immaginario, è l’idea romantica della pittura
in specie di quella a cavallo dell’800-900. Pittori che escono dai loro
atelier, lasciano il buio delle sale di studio, per raccontare quello che
vedono. Per lasciarsi sorprendere dal mondo circostante.
Si
dipinge all’aria aperta, per apprezzare la natura attraverso il contatto
diretto, pieno di sensualità; per cogliere tutte le sfumature più singolari e
delicate che solo essa può regalare. Nelle strade, nei campi, lungo i fiumi. Come
Raffaele De Grada, che, emigrato a Zurigo per molti anni, si recava spesso
sulla Sihl, il piccolo fiume verde che scende dalla colline intorno alla città.
Un confronto costante con il paesaggio.
Così,
dopo il rientro in Italia, i soggetti sono le periferie milanesi, la Brianza,
infine la Toscana. Pennellate al modo degli impressionisti francesi,
soprattutto Cezanne, suo maestro e ispiratore. Il risultato è ben lontano
dall’essere una raffigurazione realistica delle cose.
Raffaele De Grada |
Sfugge proprio la
puntualità rigorosa. Piuttosto risalta ciò che l’occhio umano riesce a vedere,
o meglio immagina di percepire. E lo stesso oggetto non produrrebbe mai lo
stesso effetto se si pensasse di far ritrarre la medesima scena da due pittori
posti l’uno accanto all’altro.
Sulla
tela i colori non sono accostati alla ricerca del giusto equilibrio, del
brivido della sintesi originale che spiazzi l’osservatore. C’è il superamento di
schemi pittorici antiquati. E le immagini risultano sempre poco definite, quasi
che si trattasse di fotografie costantemente sfocate. Oppure che la visuale
fosse di occhi affetti da miopia.
I
margini sfumano, i confini evaporano. Le cornici dei quadri sembrano
restringere in modo innaturale, e ingiustamente, quel mondo così affascinante,
che pare traboccare da contenitori limitati, per riversarsi oltre. I colori, vivi
e intesi, stesi sulla tela con tanta disinvoltura, ritraggono davvero un altro
mondo, pervaso da struggente malinconia. In cui trova spazio finalmente l’ozio,
la tranquillità, quel misurato soffermarsi sulla bellezza delle piccole cose
della vita di ogni giorno. Tutta un’impressione? Forse, ma è così dolce
lasciarsi andare in quel mondo.
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