Il fischio del treno che conduceva gli operai al
lavoro era una sveglia per gli studenti: un tempo antico, la
prima passione per la poesia
di Bianca Mannu
A venti chilometri dall'alba
il fischio
trapanava la notte moribonda.
Spesso violento
ed essenziale sempre
il suo freddo richiamo
vorticava
M'attaccavo a
un rigurgito
di sonno quindicenne
avvilito al ruolo
d'abissale scampo all'ardua
memoria degli studi
trascinati a stento
lungo l'arco del pendolo diurno
fino a e oltre
la precocità crepuscolare
delle invernali notti
invano lunghe
per lenta consunzione
di scarse braci
impotenti
a scaldare forzate veglie
e la voglia
di vincere premi alla riffa quotidiana
d'oggi
per virtuali domani
compresi nello scarto
dei tempi
prigioni d'insulse attese
di treni Godot
alle stazioni d'inservizio
spoglie
come nudi obitori aperti
ai venti di maestro.
In fughe di siti senza nome,
alle croci
di malsani incroci
portavo
gracili e malnutriti sogni
di dottrina
e fra le crepe
di quel mio straniato tempo
scaldavo
me indocile e caparbia
una voglia segreta di poesia.
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