Storie di umanità. contro la brutalità della guerra in Ucraina
di Marina Zinzani
E’ una giornata grigia di un periodo grigio. Notizie sempre più avvilenti arrivano dai media, si assiste ad immagini che mai avremmo voluto vedere, che mai avremmo immaginato.
L’odio predomina, il male sembra vincere, la gente soffre, di una sofferenza che sembra entrare nelle viscere più profonde di noi, e che cerchiamo di allontanare, ma nessuno scudo riesce a non far sentire quei lamenti, quella disperazione.
Sul web si incontrano tante cose, anche curiose. Il web può aiutare, si cerca di navigare in mondi paralleli, lontani dai nostri mondi quotidiani, si naviga indietro nel tempo, fra rivoli leggeri e meno leggeri, che possono essere un piccolo, puerile riempitivo.
E nel web un giovane incontra un’immagine, lo stemma di una squadra di calcio irlandese, il Drogheda. È uno stemma particolare, perché ha la mezzaluna e la stella, simboli che appartengono a tutt’altro mondo e non a quello irlandese. Il giovane allora, incuriosito, si chiede il perché di questa particolarità, perché la città stessa di Drogheda ha come simbolo la mezzaluna e la stella.
Nel web c’è la risposta, e la storia parte da lontano. È la storia della sofferenza di un popolo, a metà dell’800, quando un fungo, il Phytophthora infestans, aveva devastato le coltivazioni di patate in Irlanda. Una carestia senza precedenti si abbatté sulla popolazione, fu chiamata la Grande Carestia Irlandese delle patate. Morirono un milione di persone per la fame. Un fungo che può causare la morte di un milione di persone. E tantissime altre furono costrette ad emigrare per sopravvivere.
La storia si sposta da un’altra parte, e qui troviamo il sultano Abdulmejid I, che è a capo dell’Impero Ottomano. È un uomo illuminato, che ha prospettive ampie ed ha intrapreso riforme. Come tutte le persone, ha problemi di denti, e per puro caso il suo dentista è irlandese. È lui che racconta al sultano le sofferenze del suo popolo, la carestia, la gente che sta morendo di fame. Il sultano allora decide di aiutare gli irlandesi, ed offre ben 10.000 sterline, che per l’epoca sono veramente tante. Ma c’è un problema, un grande problema: nessuno può contribuire più della Regina Vittoria, che ha dato solo 2.000 sterline.
Il sultano avrebbe potuto quindi limitarsi ad una donazione ridotta, stare nelle regole imposte. Ma è un uomo illuminato, e decide di fare diversamente: dona solo 1.000 sterline. Questo in modo ufficiale. In realtà fa partire 5 navi piene di viveri e di aiuti, navi che il governo britannico impedì di fare attraccare, ma non vi riuscì. Le navi riuscirono ad attraccare alla città di Drogheda, vicino a Dublino, e a salvare, di fatto, con il loro carico tantissime vite.
Ecco, la città di Drogheda non dimenticò questo grande gesto. Durante la Guerra di Crimea (1853-1856), molti soldati irlandesi andarono a combattere a fianco del sultano, che li aveva aiutati durante la carestia. E nella Prima Guerra Mondiale molti irlandesi non vollero combattere contro l’Impero Ottomano.
Per riconoscenza, fu posta a Drogheda una targa che ricorda la generosità del popolo turco verso il popolo irlandese. Per riconoscenza, il simbolo della mezzaluna e della stella è diventato lo stemma della città e della squadra di calcio.
Per riconoscenza, pensa il giovane, chi è stato aiutato non ha dimenticato. Ha ricordato, ha cercato di agire. Di ricambiare il bene ricevuto, seppur tanto tempo prima.
E si chiede, il giovane, se ci sono state da altre parti del mondo storie simili, di aiuti che non sono stati dimenticati. Forse ci sono, ci sono senz’altro. Forse rimangono in qualche memoria, in qualche episodio tramandato dai genitori, dai nonni. Basterebbe che il senso di riconoscenza arrivasse a qualche cuore in alto perché le persone, i popoli, possano trovare un modo migliore per coesistere. Il dialogo nei ricordi comuni. Il dialogo, e non le bombe.
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