La strana denuncia di furto che lascia di stucco i carabinieri
di Cristina Podestà
“Scusi, non ho capito bene, che cosa
le avrebbero rubato?” chiese sorpreso il
carabiniere.
“I sogni” rispose Elena.
“Come i sogni signorina?”
“Certo, i sogni.”
“Mi scusi ancora, non riesco a
comprendere. Vuole spiegare meglio come mai adesso è qui? Cosa è venuta a
fare?”
“Sono venuta a denunciare tutte
quelle persone che mi hanno derubato. Mi hanno sottratto, nel modo peggiore,
tutti i miei sogni, come quello di crescere bene, di studiare in modo
produttivo, di correre per strada senza avere paura, di uscire la sera senza
sentirmi minacciata. I sogni di una adolescente che crede nell’amore, il sogno
di potermi realizzare.”
“Come è stato possibile?”
“Glielo spiego. Ho subìto atti di
bullismo fin da piccola da compagni di scuola ricchi e benestanti. Hanno sempre
fatto apprezzamenti negativi sul mio abbigliamento, sul mio zaino, sul fatto
che non avessi materiale scolastico di moda o griffato. Mi prendono in giro perché
non faccio vacanze costose, perché mia madre fa le pulizie, perché non ho un
padre. Non ho soldi per uscire il sabato e andare nei bar, sono astemia e non
festeggerò i miei 18 anni, perché forse dopo il diploma dovrò lavorare per
mantenermi all’università. Sono stata minacciata di botte all’uscita di scuola
se non avessi fatto i compiti per tutti, se non mi fossi offerta volontaria al
posto di altri. Mi hanno mandato avvertimenti anonimi in biglietti recapitati
davanti al mio portone, in cui mi si impediva di parlare con un ragazzo della
5A perché una ragazza molto più bella e interessante di me ne è innamorata e io
lo sto distogliendo da lei. Non sopportando più questa situazione, ho deciso di
sporgere denuncia per ciò che queste persone, con il loro atteggiamento
persecutorio, mi hanno rubato e continuano a rubarmi. Prima di tutto la
tranquillità. Io e mia madre saremmo serene col nostro poco, con la nostra
felicità, fatta di cose semplici, di un fiore, di un sorriso la sera, di un bel
voto a scuola. Questa gente non mi consente di vivere, mi tormenta, mi
controlla, mi tortura, mi ruba il benessere. Se potete, vi prego, aiutatemi a
salvarmi.”
Nella caserma il brusio era cessato.
Lo sguardo dei presenti corrucciato e preoccupato. Il carabiniere preposto a
raccogliere la deposizione guardò i colleghi e, d’un tratto, seppe cosa
rispondere.
“Certo signorina. Lei ha ragione. Le
saremo accanto in questo suo percorso di riscatto dei suoi sogni, bisogni e
desideri. Con calma, per favore, inizi pure ad esporre in ordine e a ripetere
ciò che ci ha raccontato che scriverò ogni particolare da lei denunciato. E ci
scusi se abbiamo permesso che al giorno d’oggi esista una società come questa.
Cominci pure. Nomi e cognomi.”
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