Passa ai contenuti principali

Covid-19, in fila indiana davanti ai negozi?

La solita storia anche durante questo periodo di Covid-19: la “fila indiana” la facciamo come ci pare. In ordine sparso


di Laura Maria Di Forti

L’enciclopedia insegna che la fila indiana è il procedere uno di seguito all’altro in fila unica, come le formiche. Pare che i guerrieri pellerossa avanzassero in tal modo in battaglia, ognuno ricalcando le orme di colui che lo precedeva, in modo da confondere il nemico e fargli credere di essere numericamente inferiori.
Ora, in questo periodo di pandemia, fare la spesa ha comportato lunghe attese davanti al supermercato, in farmacia, alla posta e dal giornalaio. Insomma, attese più o meno lunghe, con l’aggravante della mascherina che non fa respirare e dei guanti che cuociono le mani. In tutto questo pandemonio della pandemia (lasciatemi sfogare almeno con le parole) si aggiunge un altro fastidiosissimo problema: l’italiano la fila non la sa fare, o meglio, non la vuole fare correttamente.
Mentre i tedeschi, francesi e inglesi, non si sa bene come ma riescono a stare correttamente in fila indiana anche se sono soli, mentre i giapponesi sono maniaci della perfezione e ligi di fronte alle regole tanto che, se a qualcuno venisse in mente di misurare la distanza tra un giapponese ed un altro, questa sarebbe esattamente di un metro, non un centimetro di più né uno di meno, noi italiani ci distinguiamo ancora una volta e la fila indiana si trasforma in un’accolita di gente dislocata in ordine sparso.
Sarà la fantasia che ci caratterizza, l’estro artistico, il fatto che siamo degli inguaribili individualisti e che ci piace essere originali, ma noi la fila indiana non sappiamo proprio cosa sia.
Davanti all’entrata dei negozi si possono trovare persone in attesa sparse qua e là come petali versati sugli sposi da dolci fanciulle durante le nozze imperiali, come foglie sconquassate dal vento o come coriandoli buttati in aria durante le feste di carnevale.
Io, che detesto il disordine ed ho un rispetto forse anacronistico per le regole, stamani, ad una signora che si era sistemata dalla parte opposta alla fila indiana che quasi per miracolo si era venuta a creare con tre persone, di cui l’ultima ero io, ho fatto notare che, appunto, la fila stava a destra e non a sinistra dell’entrata della panetteria.
La signora si è sentita offesa, mi ha risposto che lei desiderava stare dall’altra parte, che non aveva intenzione di passare davanti a qualcuno (ci mancherebbe altro!) e che nessuno poteva asserire che la fila indiana si fa disponendosi uno dietro l’altro. Al che, io ho pregato la signora di controllare sul vocabolario ma dubito che, una volta a casa, si sia documentata.
L’arroganza non ammette insegnamenti perché, semplicemente, si crede perfetta, e l’ignoranza non vuole imparare perché è convinta di sapere tutto.
E pensare che, da bambina, mi piaceva tanto quando con i cugini giocavo ai pellerossa e procedevo in fila indiana imitando l’urlo di guerra dei pellerossa! La prossima volta che andrò a fare la spesa porterò l’ascia di guerra, chissà, magari la userò per far rispettare la fila … indiana.

Commenti

Post popolari in questo blog

Il braccio della morte e l'amore tossico: storie parallele di redenzione

(Introduzione a Daniela Barone). La pena capitale interroga la morale di ogni società, ponendo domande cruciali sulla sacralità della vita e sul valore della riabilitazione. Ma cosa succede quando il "braccio della morte" si manifesta anche fuori dalle sbarre, negli affetti tossici e nel controllo psicologico? Questa è la storia intensa dell'epistolario tra Daniela Barone e Richie Rossi, un carcerato americano in attesa della sentenza capitale, che intreccia la riflessione sulla pena di morte con una personale battaglia per la libertà. Un racconto toccante sulla dignità, la speranza e la redenzione. Segue:  a.p.  COMMENTO. 1. Rifiuto etico e sacralità della vita (Daniela Barone - TESTIMONIANZA) ▪️ Non so se fu il film “ Dead Man Walking ” o il libro “ La mia vita nel braccio della morte ” di Richie Rossi a farmi riflettere sul tema della pena capitale; tendo a pensare che le vicende del carcerato americano abbiano determinato il mio rifiuto di una pratica che ritengo crud...

📱 Dipendenza da notifiche e paura di restare fuori: perdersi qualcosa è una gioia

(Introduzione ad a.p.). L’iperconnessione asseconda il bisogno di controllo sulle cose e alimenta l’illusione che tutto, sentimenti e informazioni utili, sia davvero a portata di mano. Ma genera ansia e dipendenza. Questo ciclo vizioso è alimentato dalla chimica del nostro stesso cervello. Perché non pensare ad una "disconnessione felice" scoprendo il gusto di una maggiore libertà e della gioia di perdersi qualcosa?

⛵ In balia delle onde, trovare rotta ed equilibrio nel mare della vita

(a.p. – Introduzione a Cristina Podestà) ▪️ La vita è uno “stare in barca”, dipende da noi trovare la rotta e l’equilibrio. E un po’ di serenità: come quando galleggiavamo in un’altra acqua. Nel ventre materno (Cristina Podestà - TESTO) ▪️La metafora del mare e della barca è piuttosto diffusa nella letteratura, a cominciare da Dante in tutte e tre le cantiche e relativamente a variegate sfumature dell'essere: Caronte, l'angelo nocchiero, il secondo canto del Paradiso; non sono che esempi di una molteplice trattazione del tema del mare e della navigazione. Joseph Conrad dice una frase molto suggestiva, che riprende proprio la similitudine della vita: "La nave dormiva, il mare si stendeva lontano, immenso e caliginoso, come l'immagine della vita, con la superficie scintillante e le profondità senza luce". Spesso è proprio cosi: la superficie è bella, solare, scintillante appunto ma, se si va sotto e si guarda bene, c'è il buio più profondo! La barca di Dante...

⏳ Natale e la tirannia del presente: riscoprire l’attesa

(Introduzione ad a.p.). Abbiamo perso il senso del tempo, limitato al presente precario e fugace: occorre riscoprire il valore dell’attesa e della speranza, che hanno un significato religioso ma anche profondamente laico. L’iperconnessione e la continua ricerca di stimoli ci hanno reso schiavi di una visione frammentata, incapace di guardare oltre l'orizzonte immediato. Il Natale, con la sua simbologia, ci offre un antidoto a questa tirannia. • La corruzione del tempo (a.p.) ▪️ Quanti di noi, ogni momento, sono intenti a guardare il proprio cellulare? Immersi nella connessione perenne, con tutti e tutto, e dunque con niente? C’è l’ingordigia di cogliere qualsiasi aspetto della vita corrente, nell’illusione di viverla più intensamente che in ogni altro modo. Un’abbuffata di notizie, video, contatti con chiunque, senza sensi di colpa per questo sperdimento continuo del nostro esistere. Questo è il sintomo di una società dominata dalla "paura di restare fuori" e dalla ricerc...

🎵 Baby Gang e responsabilità: quando sceglievamo l’ultimo LP di Battiato

(Introduzione a Maria Cristina Capitoni). Di fronte agli episodi di cronaca che vedono protagonisti i giovani e le cosiddette "baby gang", la tendenza comune è cercare colpevoli esterni: la scuola, la famiglia, la noia. Ma è davvero solo una questione di mancati insegnamenti? In questo commento, l'autrice ci riporta alla realtà cruda degli anni '80, dimostrando che anche in contesti difficili, tra degrado e tentazioni, esiste sempre uno spazio sacro e inviolabile: quello della scelta individuale. Le inclinazioni dei giovani: gli insegnanti e le scelte dei ragazzi (Maria Cristina Capitoni) ▪️ La criminalità tra i giovani? Ovvero baby gang? Non è solo un problema di insegnamenti. Non c'è bisogno che un professore ti insegni che dar fuoco ad un barbone, massacrare di botte un tuo coetaneo non è cosa buona e giusta. Spesso poi questi "ragazzi" provengono da situazioni agiate, tanto che dichiarano di aver agito per noia. La mia giovinezza, erano gli anni ‘8...