Passa ai contenuti principali

Altro che banalità

Avevi gli occhi lucenti ed un bel viso, poi ti sei trasformato. In un mostro

di Laura Maria Di Forti

Lo so, sono stata capricciosa e, forse, neanche tanto amabile, almeno non quanto tu ti saresti aspettato. Ma, d’altronde, perché mai mostrare un’indole diversa da quella che in realtà si possiede? Non ci sono forse delle regole di onestà, delle norme di sincerità alle quali attenersi per una corretta convivenza? Io credo di sì, penso proprio che non si debba fingere e sorridere quando si vorrebbe dissentire, invece, o anche solo sbuffare.
Sincerità è il mio motto, direi quasi un dovere verso me stessa e gli altri, naturalmente. Chi preferisce sorridere di fronte ad un’imposizione arbitraria, chi sa far buon viso a cattivo gioco con l’abilità di un diplomatico, non ha i miei favori, non il mio elogio e tanto meno la mia stima.
Avresti forse preferito che io continuassi una farsa bella e buona? Che io sorridessi con il fare di una dolce creatura innamorata quando tu, proprio tu, che avresti dovuto essere dalla mia parte, ti sei invece schierato anima e corpo contro di me, nella presunzione che io, in quanto donna, dovessi forzatamente attenermi ad uno schema fisso, assurdo, limitante, di ubbidienza totale? Sono un essere pensante e, in quanto tale, ho le mie idee oltre alla mia indole che è separata dalla tua, diversa, forse persino contrastante.
In fondo, si tratta di banalità. Piccole divergenze che sanno di vita quotidiana, non certo di una guerra tra nemici dichiarati. Eppure, io ho cominciato a rilevare una certa tua preponderanza nel stabilire regole di vita comune, una qualche volontà di impormi comportamenti che non mi appartengono e non corrispondono alle mie peculiarità.
E piano piano, quasi senza che me ne accorgessi, si è venuta a creare tra noi una situazione di imbarazzante antagonismo e ai miei occhi sei apparso allora diverso, come mai ti avevo visto, e mi sono sentita, credi, improvvisamente impaurita. Mi sono chiesta se tu fossi cambiato e quando, come, se fosse per colpa mia, se in qualche modo, insomma, fosse opera mia questa tua trasformazione. Forse per qualcosa di detto o non detto, per una mia azione sciocca o superficiale, per una mia mancanza non voluta certo, ma comunque determinante che ti ha cambiato, ridotto a divenire un essere sconosciuto a me, ai miei occhi divenuti umidi di pianto e di vergogna.
Ricordo il tuo bel viso e i tuoi occhi lucenti di un tempo, mentre mi prendevi la mano per accompagnarmi in spiaggia durante il nostro primo viaggio, mi rammento il tuo sorriso mentre mi ascoltavi parlare e poi ridevi, ridevi, e mi facevi ballare al suono di una musica immaginaria, senza suono, viva solo nella tua testa.
Poi, non ho più visto sorrisi, né risa, non più luce o felicità nei tuoi occhi. Ho visto solo disappunto, fastidio, ho visto contrarietà e disprezzo. E io, mortificata e confusa, umiliata e avvilita, mi sono sentita alla mercé dei tuoi scatti d’ira, delle tue urla e perfino delle tue mani pesanti e crudeli su di me.
Un mostro, ti sei trasformato in un mostro. E il resto è cronaca di tutti i giorni, ormai.

Commenti

Post popolari in questo blog

Il braccio della morte e l'amore tossico: storie parallele di redenzione

(Introduzione a Daniela Barone). La pena capitale interroga la morale di ogni società, ponendo domande cruciali sulla sacralità della vita e sul valore della riabilitazione. Ma cosa succede quando il "braccio della morte" si manifesta anche fuori dalle sbarre, negli affetti tossici e nel controllo psicologico? Questa è la storia intensa dell'epistolario tra Daniela Barone e Richie Rossi, un carcerato americano in attesa della sentenza capitale, che intreccia la riflessione sulla pena di morte con una personale battaglia per la libertà. Un racconto toccante sulla dignità, la speranza e la redenzione. Segue:  a.p.  COMMENTO. 1. Rifiuto etico e sacralità della vita (Daniela Barone - TESTIMONIANZA) ▪️ Non so se fu il film “ Dead Man Walking ” o il libro “ La mia vita nel braccio della morte ” di Richie Rossi a farmi riflettere sul tema della pena capitale; tendo a pensare che le vicende del carcerato americano abbiano determinato il mio rifiuto di una pratica che ritengo crud...

📱 Dipendenza da notifiche e paura di restare fuori: perdersi qualcosa è una gioia

(Introduzione ad a.p.). L’iperconnessione asseconda il bisogno di controllo sulle cose e alimenta l’illusione che tutto, sentimenti e informazioni utili, sia davvero a portata di mano. Ma genera ansia e dipendenza. Questo ciclo vizioso è alimentato dalla chimica del nostro stesso cervello. Perché non pensare ad una "disconnessione felice" scoprendo il gusto di una maggiore libertà e della gioia di perdersi qualcosa?

⛵ In balia delle onde, trovare rotta ed equilibrio nel mare della vita

(a.p. – Introduzione a Cristina Podestà) ▪️ La vita è uno “stare in barca”, dipende da noi trovare la rotta e l’equilibrio. E un po’ di serenità: come quando galleggiavamo in un’altra acqua. Nel ventre materno (Cristina Podestà - TESTO) ▪️La metafora del mare e della barca è piuttosto diffusa nella letteratura, a cominciare da Dante in tutte e tre le cantiche e relativamente a variegate sfumature dell'essere: Caronte, l'angelo nocchiero, il secondo canto del Paradiso; non sono che esempi di una molteplice trattazione del tema del mare e della navigazione. Joseph Conrad dice una frase molto suggestiva, che riprende proprio la similitudine della vita: "La nave dormiva, il mare si stendeva lontano, immenso e caliginoso, come l'immagine della vita, con la superficie scintillante e le profondità senza luce". Spesso è proprio cosi: la superficie è bella, solare, scintillante appunto ma, se si va sotto e si guarda bene, c'è il buio più profondo! La barca di Dante...

⏳ Natale e la tirannia del presente: riscoprire l’attesa

(Introduzione ad a.p.). Abbiamo perso il senso del tempo, limitato al presente precario e fugace: occorre riscoprire il valore dell’attesa e della speranza, che hanno un significato religioso ma anche profondamente laico. L’iperconnessione e la continua ricerca di stimoli ci hanno reso schiavi di una visione frammentata, incapace di guardare oltre l'orizzonte immediato. Il Natale, con la sua simbologia, ci offre un antidoto a questa tirannia. • La corruzione del tempo (a.p.) ▪️ Quanti di noi, ogni momento, sono intenti a guardare il proprio cellulare? Immersi nella connessione perenne, con tutti e tutto, e dunque con niente? C’è l’ingordigia di cogliere qualsiasi aspetto della vita corrente, nell’illusione di viverla più intensamente che in ogni altro modo. Un’abbuffata di notizie, video, contatti con chiunque, senza sensi di colpa per questo sperdimento continuo del nostro esistere. Questo è il sintomo di una società dominata dalla "paura di restare fuori" e dalla ricerc...

🎵 Baby Gang e responsabilità: quando sceglievamo l’ultimo LP di Battiato

(Introduzione a Maria Cristina Capitoni). Di fronte agli episodi di cronaca che vedono protagonisti i giovani e le cosiddette "baby gang", la tendenza comune è cercare colpevoli esterni: la scuola, la famiglia, la noia. Ma è davvero solo una questione di mancati insegnamenti? In questo commento, l'autrice ci riporta alla realtà cruda degli anni '80, dimostrando che anche in contesti difficili, tra degrado e tentazioni, esiste sempre uno spazio sacro e inviolabile: quello della scelta individuale. Le inclinazioni dei giovani: gli insegnanti e le scelte dei ragazzi (Maria Cristina Capitoni) ▪️ La criminalità tra i giovani? Ovvero baby gang? Non è solo un problema di insegnamenti. Non c'è bisogno che un professore ti insegni che dar fuoco ad un barbone, massacrare di botte un tuo coetaneo non è cosa buona e giusta. Spesso poi questi "ragazzi" provengono da situazioni agiate, tanto che dichiarano di aver agito per noia. La mia giovinezza, erano gli anni ‘8...