Fregene (foto Angelo Perrone) |
Tra le cose che ci sono mancate durante il Covid-19, i tramonti che accarezzano l’anima
di
Cristina Podestà
“C’è nel giorno un’ora serena che si potrebbe definire
assenza di rumore, è l’ora serena del crepuscolo.” scriveva Victor Hugo. La
cosa che più mi è mancata in questi mesi è stato il tramonto. Non si possono
perdere i tramonti invernali e primaverili! Sono una cosa meravigliosa, entrano
dentro in profondità; accarezzano l’anima; danno fiducia perché rappresentano la
morte che si proietta nel domani.
Sono l’estremo, ultimo istante di quell’unico giorno che non
potrà mai più rinnovarsi. Sono la promessa di un’altra aurora, l’assoluto. Sono
un cielo tinto di rosso che reclama la pace della sera, l’eternità di un
istante prima del buio; sono la giornata che si spegne lasciando il posto alla
luna e alle stelle; sono una sublime perdita di luce che lascia spazio ai
sogni.
Ognuno ha i suoi ricordi dei tramonti: ci sono quelli rosso
fuoco del tempo invernale sereno; quelli autunnali pieni di nostalgia della
bella stagione che ci saluta. Oppure vi sono tramonti estivi giallo arancio che
sembrano fiammate nel cielo celeste che scurisce nell’intensità di un azzurro
profondo.
Alcuni invece sono cupi e nuvolosi, col sole piccolo piccolo
che annega in un mare blu. A volte tendono al lilla, scemando verso il marrone
chiaro; altri sono impastati di grigio e non si vede morire il sole. Tutti sono
comunque incantevoli e unici, originali nella loro singolarità. E’ stato
davvero un peccato averli perduti.
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