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Fin lì, l'affetto

Le figure che hanno lasciato un segno in noi: la nostalgia di oggi

di Cristina Podestà

Mi manca ogni giorno di più. Il mio professore di un tempo. Paolo Brondi. In questa ripresa del virus, sento un vuoto “scritturale”, una carenza di condivisione di pensieri e riflessioni, l’assenza di uno sprazzo di fiducia che sempre sapeva infondere con la sua analisi critica e saggia delle circostanze e del momento storico, senza alcuna pretesa di sapere ma con il realismo di chi conosce e sa.
Già. In questo momento mi manca la sua saggezza, la conoscenza profonda dell’animo umano che aveva così presente, la sua filosofia. Essere filosofi veri non è facile. E nemmeno sociologi o psicoanalisti. 
Tanti si attribuiscono questi titoli ma è difficile esserlo. Si, parlo al presente perché ciò che ha seminato ancora per un po’ lo raccoglieremo noi fortunati che l’abbiamo conosciuto. La  cosa maggiore di cui mi sento privata sono le nostre mail quotidiane, i nostri scambi di vedute, la forza che trovavo ogni giorno alzandomi al mattino in pieno lockdown cercando subito la sua mail. 
Mi sento svuotata senza i suoi incoraggiamenti, i suoi pensieri positivi, la sua comprensione ai miei sfoghi, le sue parole che mi facevano trovare una luce in fondo al tunnel. Senza essere assolutamente mieloso, dava sempre uno sprone e una scossa a cercare il bello nelle cose che ci circondano. 
Un sorriso, un gesto affettuoso, un pensiero buono per qualcuno. Ecco le cose cui mi diceva di badare, di fare attenzione, di cogliere nel quotidiano. Un po’ pascoliano del tempo di Myricae, un po’ leopardiano della Ginestra, molto freudiano nella conoscenza dell’animo. 
Era una sintesi delle cose migliori, dei pensieri e personaggi più profondi che anche con lui avevo studiato. Ottimo storico del novecento, un grande poeta che convertiva anche i pensieri più foschi in parole belle, positive, suggestive e profonde. 
Un abbraccio. Ovunque si trovi, il mio affetto arriva fino a lì. 

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