di Bianca Mannu
La mia notte dimentica del giorno
mi scioglie dalla vita
mi emancipa in un niente
beota
Crepitii d’ossa – la cieca rivolta
del corpo alla ruggine dei giunti –
mi scaraventano intera
Niente da ricordare
che fosse moto o fissità
o spessore o indizio
di speranza: notturno d’assenze
Così morta che il sogno – un segno
dell’umano o simbolo di senso -
non pare aver più germe
o asilo in questa plaga
E nulla – proprio più nulla
dalla trista consecutio - come appiglio
o guado o qualsivoglia seme di salute
sporge all’irto giorno
Irto della sua vuota luce
si fa del disumanare cosmo:
uomini-criceto in corsa per la dose
dentro un labirinto che
inghiotte la voglia di domande.
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