di Laura Maria Di Forti
Improvvisi bagliori di luce, persi nel buio della notte, illuminano montagne poderose e sinistre, neri e immobili giganti che sembrano quasi prendere vita da quei lumi potenti come soli accecanti.
Boati graffianti, fragorosi come usci sbattenti, rompono la staticità di una calma solo apparente, in realtà più sinistra, infida e insidiosa di una minaccia annunciata.
L’attesa sta per terminare, finalmente la pioggia scrosciante e gelida, saltellante nello scorrere repentina verso la valle circostante, si riversa su tetti e strade formando rivoli di acqua diluviante.
Il temporale è arrivato, annunciato da segnali oscuri e minacciosi, da folate di vento freddo e sferzante come lo scudiscio del fantino sul cavallo recalcitrante.
L’acqua ora scorre implacabile, indifferente e senza alcuna pietà. Non ha coscienza, non ha nemmeno memoria. Si getta impavida e tutto bagna, conscia solo del suo implacabile compito che la vuole insaziabile purificatrice.
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