di Cristina Podestà
Ho avuto la fortuna di nascere in pieno boom economico e di crescere in anni sereni e spensierati. Il problema erano le Brigate rosse, il caso Moro, gli attentati mafiosi al generale Dalla Chiesa e molto altro, tuttavia restavano cose piuttosto lontane dalla vita dei giovani di provincia.
A noi personalmente non poteva capitare nulla di male. La prima volta che ebbi veramente paura fu in occasione dell’attentato alla stazione di Bologna, perché mi accorsi che anche se non eri un politico famoso avresti potuto morire per un attentato.
Ma quando ero proprio piccola i miei nonni mi raccontavano, come in una favola, che durante la loro infanzia, vedevano cose terribili. Guerre, fame, disoccupazione, gente per strada che chiedeva l’elemosina! Come era stato possibile ciò?
Addirittura c’era gente che lavorava fuori tutto il giorno e si portava il pranzo da casa. Un panino, una gavetta con qualche cosa. Insomma un mondo estraneo al mio pensiero e alla mia realtà. Se stavo fuori tutto il giorno, c’erano i bar, i ristoranti, i punti vendita. Dove era il problema? E la gente per strada a chiedere l’elemosina? La guerra poi.
Faticavo a raffigurarmi immagini come quelle. La mia nonna mi continuava a sottolineare che eravamo fortunati e che io non avrei visto mai situazioni come quelle passate perché oramai tutto era risolto. Cari nonni, come vi sbagliavate!
Ho avuto modo di vedere certe cose dal vivo. “C’era una volta un uomo che non aveva la casa e lo ospitavamo noi”. “C’era una volta una bambina tutta sporca che chiedeva l’elemosina seduta per strada.”
Nonna le vedo anche io queste cose, purtroppo, le stiamo vivendo sulla nostra pelle! E mia figlia, per paura del Covid, si porta il pranzo da casa per non entrare in un bar e rischiare un contagio. E uomini per strada a chiedere elemosina, senza tetto, poveri che soffrono la fame: si vedono eccome!
Carissimi nonni sono contenta che voi non siate qui ad assistere al fallimento delle vostre lotte! Non so se lo sopportereste, sono certa che sarebbe per voi una immensa sofferenza constatare che quello che c’era una volta c’è ancora.
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