di Marina Zinzani
“Grazie di tutto, allenatori, giocatori, il pubblico, è stato fantastico. Prendetevi cura di voi stessi e prendetevi cura della vostra vita. E vivetela.”
Con questo messaggio d’addio Sven-Goran Eriksson ha voluto congedarsi. La malattia, un tumore al pancreas, lo rendeva consapevole del tempo limitato che gli rimaneva, e lui ha voluto viverlo appieno, nell’ultimo anno, ritrovando parti di vita e persone che aveva amato.
Il messaggio che ha lasciato ha qualcosa di particolare, non così scontato. Quel “prendetevi cura di voi stessi e prendetevi cura della vostra vita” è, nella sua semplicità, dirompente. Perché molto spesso noi, le nostre esigenze, le esigenze dell’anima e del corpo, sono dimenticate, in una sorta di continui treni in corsa, di ritardi, imprevisti, persone che si accalcano, confusione, rabbia, solitudine, stazioni assiepate e stazioni sconosciute, metro senza conducente, quando il percorso è sotto terra, quasi al buio.
In questa corsa, che sono spesso i nostri anni, si dimentica noi stessi. È qualcosa che si avvicina al deporre il cellulare e guardare negli occhi, ascoltare per tutta la serata chi abbiamo davanti, essere interessati alla sua vita. È la ricerca del silenzio, in una passeggiata solitaria ascoltando i suoni della natura, osservando gli alberi, i fili d’erba, le foglie. È sedersi in una panchina con un libro.
È osservare i bambini giocare e il loro mondo ancora intatto. Lo sarà per poco. È il soffermarsi su un sogno, che forse ci voleva comunicare qualcosa. È il prendersi cura di un corpo affaticato, non più armonioso, in cui le frustrazioni e la solitudine o la rabbia hanno portato a riempire i vuoti con il cibo. È il ridere di gusto per una sciocchezza.
È il riconoscere altre solitudini, e insieme trasformarle in qualcosa di positivo, costruttivo. È lasciare alle spalle la tossicità di discorsi, relazioni, persone che non ci hanno capito. È il lasciare i ricordi, che non possono essere condizionanti per il presente. È il vivere la vita fino in fondo, come se mancasse poco.
Forse Sven-Goran Eriksson ha vissuto così l’ultimo anno, quando ha compreso che il suo tempo a disposizione stava finendo. Forse vivono così le persone che acquisiscono un giorno questa consapevolezza in modo crudele, e si portano dentro il rammarico di averlo buttato in tante cose inutili, il loro tempo.
Prendersi cura di noi ricorda la preghiera, il coltivare un fiore, la grazia.

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