Passa ai contenuti principali

Solitudini: Alfredo

di Marina Zinzani

Alfredo, 65 anni, ristoratore.
Questa mattina ho rivisto un giovane, Claudio. Avevo scelto lui come cameriere nel mio ristorante, dopo una selezione che non è stata difficile, si sono presentati solo in tre, da quando ho esposto il cartello “Assumesi cameriere”. Gli altri due candidati non mi avevano fatto buona impressione.
È importante il cameriere, ti fa andare male il locale se sbaglia le ordinazioni, se è antipatico o inaffidabile, e oggi non è più come un tempo, con i social basta qualche recensione negativa e il locale è battezzato.
Un mio amico si è rovinato per le recensioni negative del suo ristorante, non era il cibo il problema, ma il personale, un cameriere arrogante e una cameriera polemica e antipatica. In poco tempo i suoi affari sono andati a picco, calo del 30% della clientela. Quindi il cameriere è importante, la squadra che si crea deve essere competente e lavorare in armonia. 
Dei tre ragazzi visti inizialmente per il colloquio, restava quindi Claudio, certamente il migliore per esperienza, e mi ha dato subito la sensazione di affidabilità. Sarebbe stato lui quello che mi risolveva il problema del cameriere che va in pensione ora, con me da trent’anni.
C’è da dire che la paga è buona, nessuno si è mai lamentato da me, ma non credevo che fosse così difficile trovare un bravo cameriere. Pensavo di avere la fila alla porta, dopo il mio annuncio, o almeno una scelta fra molte più persone.
Per la verità mi era arrivata voce di altri ristoratori che fanno fatica a trovare del personale adeguato, ho sentito di richieste strane durante i colloqui di lavoro, richieste degli aspiranti camerieri, che mettono davanti la qualità della vita, il tempo libero e non il lavoro. Certo, se uno decide di fare il cameriere deve sapere che gli orari sono elastici, che si lavora soprattutto nel weekend, è così che gira.
Quindi oggi avevo appuntamento con questo giovane, Claudio, per comunicargli che avevo scelto lui, e che c’erano da definire i dettagli del contratto. Mi sono detto: “Gli altri fanno fatica a trovare un bravo cameriere, io credo di averlo trovato subito”. Ho passato tutta la vita in questo ristorante di famiglia, ho dovuto prenderne le redini quando mio padre è mancato, ed ho dedicato tutto il mio tempo, le mie energie a questo lavoro.
Venti ore al giorno, certe volte. Ho permesso ai miei due figli di studiare, anche all’estero, ho garantito loro un buon futuro, li ho aiutati nel comprare casa. Delle belle case. Ho fatto tanti sacrifici per loro, ma era naturale, dovevo mantenere la mia famiglia, prima di tutto. Mia moglie si è sempre dedicata ai ragazzi, non ha mai lavorato.
Un giorno lei mi dice che il nostro è stato un matrimonio di solitudine per lei, che io non c’ero mai, che per me esisteva solo il lavoro.  E me l’ha detto come se in tutti gli anni assieme avesse avuto una croce addosso, per avere sopportato questa situazione. Per la verità, dopo la sua decisione di separarsi, si è trovata un tipo, il padre di un amico di nostro figlio, ed io credo che questa storia durasse già da un po’, da prima delle sue recriminazioni.
Stamattina avevo quindi l’appuntamento con Claudio, il mio futuro cameriere. Certe cose le capti subito. Non sorrideva, sembrava in ansia, quell’ansia che ha chi deve dire delle cose e non sa come dirle.
Alla fine me le ha dette queste cose: purtroppo non può venire a lavorare da me perché ha trovato un altro lavoro, sempre nella ristorazione, un lavoro che gli lascia molto più tempo libero, anche il sabato e la domenica, e lui il weekend vuole passarlo con la sua ragazza, hanno intenzione di sposarsi fra un po’, avere dei figli, e lui vuole mettere la sua vita privata in primo piano, non il lavoro. 
Non il lavoro, come ho fatto io. Che poi ci fossi costretto, in qualche modo, poco importa. Non è importato a mia moglie, e anche ai miei figli, che sento poco, in fondo. Avevo letto tempo fa del boom di dimissioni in Italia e non solo, dopo il Covid. Come se fosse cambiata la percezione del tempo a propria disposizione e la necessità di impiegarlo bene. La qualità prima di tutto, e quindi la necessità di uscire volontariamente da lavori che assorbono troppo, che diventano predominanti, compromettendo i rapporti umani.
E bravo Claudio. La tua vita, i tuoi equilibri affettivi prima di ogni altra cosa. Hai capito tutto, tu. A differenza di me. Anche se la mia era una giostra da cui mi era difficile scendere.

Commenti

Post popolari in questo blog

Il braccio della morte e l'amore tossico: storie parallele di redenzione

(Introduzione a Daniela Barone). La pena capitale interroga la morale di ogni società, ponendo domande cruciali sulla sacralità della vita e sul valore della riabilitazione. Ma cosa succede quando il "braccio della morte" si manifesta anche fuori dalle sbarre, negli affetti tossici e nel controllo psicologico? Questa è la storia intensa dell'epistolario tra Daniela Barone e Richie Rossi, un carcerato americano in attesa della sentenza capitale, che intreccia la riflessione sulla pena di morte con una personale battaglia per la libertà. Un racconto toccante sulla dignità, la speranza e la redenzione. Segue:  a.p.  COMMENTO. 1. Rifiuto etico e sacralità della vita (Daniela Barone - TESTIMONIANZA) ▪️ Non so se fu il film “ Dead Man Walking ” o il libro “ La mia vita nel braccio della morte ” di Richie Rossi a farmi riflettere sul tema della pena capitale; tendo a pensare che le vicende del carcerato americano abbiano determinato il mio rifiuto di una pratica che ritengo crud...

📱 Dipendenza da notifiche e paura di restare fuori: perdersi qualcosa è una gioia

(Introduzione ad a.p.). L’iperconnessione asseconda il bisogno di controllo sulle cose e alimenta l’illusione che tutto, sentimenti e informazioni utili, sia davvero a portata di mano. Ma genera ansia e dipendenza. Questo ciclo vizioso è alimentato dalla chimica del nostro stesso cervello. Perché non pensare ad una "disconnessione felice" scoprendo il gusto di una maggiore libertà e della gioia di perdersi qualcosa?

⛵ In balia delle onde, trovare rotta ed equilibrio nel mare della vita

(a.p. – Introduzione a Cristina Podestà) ▪️ La vita è uno “stare in barca”, dipende da noi trovare la rotta e l’equilibrio. E un po’ di serenità: come quando galleggiavamo in un’altra acqua. Nel ventre materno (Cristina Podestà - TESTO) ▪️La metafora del mare e della barca è piuttosto diffusa nella letteratura, a cominciare da Dante in tutte e tre le cantiche e relativamente a variegate sfumature dell'essere: Caronte, l'angelo nocchiero, il secondo canto del Paradiso; non sono che esempi di una molteplice trattazione del tema del mare e della navigazione. Joseph Conrad dice una frase molto suggestiva, che riprende proprio la similitudine della vita: "La nave dormiva, il mare si stendeva lontano, immenso e caliginoso, come l'immagine della vita, con la superficie scintillante e le profondità senza luce". Spesso è proprio cosi: la superficie è bella, solare, scintillante appunto ma, se si va sotto e si guarda bene, c'è il buio più profondo! La barca di Dante...

⏳ Natale e la tirannia del presente: riscoprire l’attesa

(Introduzione ad a.p.). Abbiamo perso il senso del tempo, limitato al presente precario e fugace: occorre riscoprire il valore dell’attesa e della speranza, che hanno un significato religioso ma anche profondamente laico. L’iperconnessione e la continua ricerca di stimoli ci hanno reso schiavi di una visione frammentata, incapace di guardare oltre l'orizzonte immediato. Il Natale, con la sua simbologia, ci offre un antidoto a questa tirannia. • La corruzione del tempo (a.p.) ▪️ Quanti di noi, ogni momento, sono intenti a guardare il proprio cellulare? Immersi nella connessione perenne, con tutti e tutto, e dunque con niente? C’è l’ingordigia di cogliere qualsiasi aspetto della vita corrente, nell’illusione di viverla più intensamente che in ogni altro modo. Un’abbuffata di notizie, video, contatti con chiunque, senza sensi di colpa per questo sperdimento continuo del nostro esistere. Questo è il sintomo di una società dominata dalla "paura di restare fuori" e dalla ricerc...

🎵 Baby Gang e responsabilità: quando sceglievamo l’ultimo LP di Battiato

(Introduzione a Maria Cristina Capitoni). Di fronte agli episodi di cronaca che vedono protagonisti i giovani e le cosiddette "baby gang", la tendenza comune è cercare colpevoli esterni: la scuola, la famiglia, la noia. Ma è davvero solo una questione di mancati insegnamenti? In questo commento, l'autrice ci riporta alla realtà cruda degli anni '80, dimostrando che anche in contesti difficili, tra degrado e tentazioni, esiste sempre uno spazio sacro e inviolabile: quello della scelta individuale. Le inclinazioni dei giovani: gli insegnanti e le scelte dei ragazzi (Maria Cristina Capitoni) ▪️ La criminalità tra i giovani? Ovvero baby gang? Non è solo un problema di insegnamenti. Non c'è bisogno che un professore ti insegni che dar fuoco ad un barbone, massacrare di botte un tuo coetaneo non è cosa buona e giusta. Spesso poi questi "ragazzi" provengono da situazioni agiate, tanto che dichiarano di aver agito per noia. La mia giovinezza, erano gli anni ‘8...