Li chiamano “furbetti
del cartellino”, la società che ha perso il senso della dignità
di Marina Zinzani
Dov’è
il dottore? Deve passare stamattina, hanno detto. Non è passato neanche ieri,
dovevo parlargli. Passerà, vedrai, fra poco comincia il giro dei medici.
Non
è passato neanche oggi, non si è visto proprio. Sarà malato? Non hanno detto
che è in malattia, quindi deve esserci, da qualche parte. Io avevo bisogno di
parlargli, è giorni che aspetto. Non c’è nessuno con cui parlare, in
quest’ospedale? Si passano la palla l’uno con l’altro, questo non c’è, l’altro
è via, l’altro arriverà, e non si vede nessuno. E’ un ospedale, questo?
Il
medico magari fa lo chef, magari è andato a fare shopping, o una partita a
tennis. Certo risulta presente, il cartellino l’ha timbrato, come tutti i
giorni.
Si
gira nel letto il malato, sempre più sconsolato. Qualcosa non funziona, in
quest’ospedale, pensa. Altra angoscia che si accumula alle sue preoccupazioni
di salute. Quando l’ospedale non è più la soluzione possibile ad un problema, e
suggerisce alcune orrende parole, disinteresse, menefreghismo, immoralità.
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