Caporalato, il nome
perverso dello sfruttamento del lavoro
di Marina Zinzani
Una
donna muore nei campi, sotto il sole cocente di luglio. Si era alzata nella
notte, aveva percorso 300 chilometri per andare al lavoro, per due euro l’ora.
Silenzio:
silenzio di chi sapeva ed era complice, silenzio di chi subiva, e di quel
denaro, quei miseri due euro l’ora, ne aveva bisogno.
Silenzio
nelle coscienze di chi praticava questo sfruttamento: a parlare era il denaro,
e la voglia di accumularlo, sulla fatica di queste povere donne.
Silenzio
nei controlli, silenzio nella voglia di cambiare le cose: la crisi, il
sopravvivere, e la presenza di chi, soprattutto gli extra-comunitari, sono
disposti a fare qualsiasi lavoro, a qualsiasi retribuzione.
Silenzio,
al massimo poche parole scritte sulle righe di cronaca, che domani saranno già
dimenticate. E’ una storia come altre. Va così il mondo ora, non andava meglio
in passato, c’era anche lo schiavismo, chiamato con il suo nome. Quello di oggi
si nasconde dietro altre parole, ma il progresso, il vero progresso è sempre
più lontano.
Nessun commento:
Posta un commento