Il diario conservato in un vecchio baule e il suo segreto
di Cristina Podestà
Quel giorno Anna aveva deciso di
andare fino in fondo. Da tempo il pensiero la assillava, ma non si era mai
concessa il lusso di assecondare quell’istinto. Era solo una porta, in fin dei
conti. Una porta chiusa, della quale non esisteva la chiave; una porticina
piccola e scura, bassa e insignificante, che si trovava nel sottotetto della
casa nuova che lei e Tommaso avevano ultimamente acquistato. Da sola e con
parecchio tempo a disposizione, aveva deciso che quel momento era giusto.
A Tommaso non interessava granché;
diceva che sicuramente non c'era nulla di interessante, forse si trattava di un
minimo ripostiglio, uno stanzino vuoto e inutile. E quando lui la rassicurava
così, anche lei si convinceva che non le importava più di tanto. Ma poi, di
notte, si svegliava e faceva le più astruse fantasticherie, immaginava eventi
strani e terribili, perfino luttuosi! Quel pensiero dominante le toglieva il
sonno finché al mattino, spossata e disfatta, tutto si ridimensionava sotto la
doccia.
Ora non diceva più niente a tal
proposito a Tommaso oppure ai suoi genitori, perché regolarmente veniva presa
dolcemente in giro. Ma per lei era diventato un tarlo fisso nella mente. E quel
giorno aveva deciso. Avrebbe forzato la serratura e così avrebbe dormito sonni
sereni. Con un grosso cacciavite e un trapano non le fu difficile rompere la
toppa e questo le parve di buon auspicio. Ferma, un po’ curva sull’ingresso,
guardava ora con attenzione il piccolo stanzino buio, come Tommaso aveva
previsto e il vecchio proprietario aveva già descritto.
Le si presentava davanti uno
sgabuzzino o poco più e, sullo sfondo, un grosso baule. Di foggia antiquata,
nero, di legno. Si avvicinò e si sedette a terra. Aspettò un attimo e, con un
profondo sospiro, prese la maniglia e sollevò il coperchio. Investita da un
tanfo di muffa si scostò e starnutì. Cominciò a guardare, adattando gli occhi
al buio, e vide che era pieno. Con delicatezza cominciò ad estrarre il
contenuto: lavoretti di bimbi fatti a scuola, vecchi giocattoli di stoffa,
plastica o acciaio, alcuni quaderni, una coperta rosa da bimba con ricamati dei
pupazzi, alcune monete antiche e, sul fondo, ben nascosto, un diario.
Anna e Tommaso avevano acquistato
quella villa vicino al mare da un signore al quale era morta la moglie l’anno
precedente e, ormai solo e malinconico, aveva messo in vendita quello scrigno
di ricordi dove non sopportava più di vivere in solitudine. Avevano visitato la
casa e fatto caso a quella porta senza chiave, il proprietario aveva detto che
era uno stanzino privo di finestre, uno sgabuzzino dove lui mai era entrato né mai
aveva avuto la chiave. Era una proprietà della moglie, la villa, e sicuramente
avevano smarrito tanto tempo prima la chiave.
Ma lì non andava mai nessuno, non
c’era nulla. Successivamente avevano provato a scardinare la serratura ma,
senza strumenti, non vi erano riusciti. E ora lei era lì. Aprì il diario. Vi si
leggeva una scrittura inclinata, di altri tempi, regolare. Anna era combattuta
tra la paura di avvicinarsi al contenuto dei diari e la curiosità per ciò che
avrebbe potuto scoprire. Il nome era scritto con inchiostro nero, ed era
chiaramente quello della moglie dell’anziano che aveva vissuto lì.
Le pagine erano tutte datate ma
vuote. La prima data era 24 aprile 1962. Anna non capiva. Andò avanti con una
certa apprensione, veloce nei movimenti e si rese conto sfogliando con foga che
l’ultima era 29 gennaio 1963. Lì c’era scritto qualcosa. Un nome innanzitutto:
Elena. E, disegnato, un fiocco rosa. Anna trasalì: il signore aveva loro raccontato
che lui e la moglie si erano conosciuti nel 1965, che si erano sposati nel
1966, ed avevano un unico figlio maschio di nome Alberto. Anna proseguì a
sfogliare le pagine e trovò sempre pagine vuote tranne una: 14 giugno 1962. Su
questa campeggiava un cuore di stoffa, strappato da un lato, e la faccia di un
Pierrot con la lacrima ben in vista.
Al di sotto si leggevano le seguenti
parole: “Grande Amore mio. La scelta mi viene imposta dalla famiglia, avendo io
solo 20 anni. Ti amerò per sempre ovunque tu sarai. Il mio cuore oggi si
strappa e mai più troverà quiete. I tuoi genitori sono persone perbene, li ho
cercati io per te e conosciuti ma, da ora in poi, spariranno con te
definitivamente dalla mia vita. Ti amo con tutto il mio essere e vivrò pensando
a te, a te sola. La tua mamma.”
Nella pagina accanto, una scritta in
rosso con dedica “A Giovanni”.
“Solo questo oggi voglio dirti. Non
conoscerai mai tua figlia che, nonostante i tuoi consigli vergognosi e il tuo
scandaloso atteggiamento esiste e sta bene, è bellissima ed ha i tuoi occhi.
Sappi però che il tuo egoismo e le mie paure non hanno vinto”. Anna si alzò con
il diario in mano, rimise a posto tutto il resto, con un senso di colpa immenso
e la percezione di aver profanato un segreto di altri tempi che sicuramente
aveva segnato tutta la vita della povera signora.
Chiamò il fabbro subito, fece
sistemare la serratura e, prima che Tommaso rincasasse, bruciò il diario nel
camino. Nessuno avrebbe mai scoperto il segreto. Chissà se Elena avrebbe mai
conosciuto la sua storia personale. A tarda sera, quando Tommaso rientrò, Anna
lo accolse sorridente ma con uno sguardo triste. “Che c’è tesoro, ti sono
mancato?”. Anna accennò un sì con gli occhi pieni di lacrime e si sedettero per
la cena.
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