La solitudine che è rimasta dopo un passato ricco di promesse
di
Marina Zinzani
Individualismo e comunità: le angosce
dell'uomo moderno sono causate anche dalla solitudine in case piccole, con
orizzonti piccoli, con progetti sempre più ristretti, con paure quotidiane,
nuove, ampliate dai media, portatrici di eventi forse probabili.
Una crisi
economica, incertezze lavorative, crisi delle relazioni, i componenti del
proprio nucleo affettivo e le loro frustrazioni, l'apatia e l'insoddisfazione:
un senso di nulla diffuso, e alla fine il rinchiudersi nel proprio piccolo
mondo. E' un individualismo sofferente quello che si respira oggi.
Si guarda al passato ricordando: le
ideologie differenti, il comunismo ma anche l'America e le virtù della
democrazia, schieramenti opposti che illuminavano le menti dei giovani,
desiderosi di esserci, di fare sentire la loro voce.
Lo spartiacque degli anni 70, con i suoi
malesseri, con la droga che ha invaso le città e i paesi più remoti,
intorpidendo la mente dei ragazzi, facendoli sprofondare nel fango di strade
senza ritorno, il terrorismo e le sue implicazioni misteriose, i suoi segreti
mai risolti, un'idea di felicità raggiunta attraverso oggetti simbolo, come
compensazione e anche appagamento dopo il crollo delle ideologie: alla fine il
disincanto.
L'individualismo confina con la
solitudine, con le porte sbarrate, con le paure e il cercare di pensare al
proprio mondo come unica cosa che conta.
La comunità spezzata, più o meno
scientemente, da poteri senza forma, senza nome o più facilmente avvilita dalla
sensazione feroce che tanto non cambia mai niente. La sensazione che questo sia
vero. E allora la comunità diventa cosa sbiadita composta da individui
scontenti, che cercano di aggrapparsi a qualcosa, in una sorta di dolorosa
ricerca di un proprio momento di sole.
L'abbandono della comunità combattiva,
che si indigna, che può fare la differenza con i potenti, è una ferita.
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