Racconto di Paolo Brondi
Laura Boni aveva superato, da appena un anno, il concorso
per entrare nei ruoli superiori della polizia e dalla nativa Spoleto era stata
assegnata alla sede di Firenze. Brillante studentessa di giurisprudenza nell’università
di Perugia, si era laureata ad appena ventitré anni.
Il padre, colonnello
dell’esercito e la madre, docente di igiene alla università di Perugia,
l’avevano cresciuta ed educata con amore armoniosamente coniugato ad autorevolezza
e rispetto dei valori tradizionali. Subito dopo la laurea frequentò un master
di diritto internazionale ad Oxford affinando la competenza in lingua inglese,
e approfondendo la conoscenza in materia di diritto penale, e dei diritti
umani. In questo ambiente conobbe molti amici ed era la benvoluta in ogni loro
festa. La sua figura alta, slanciata, con un grazioso caschetto di capelli
biondi, occhi di un azzurro scuro e con pagliuzze dorate, limpidi ma sempre
fieri e decisi, mosse graziose, ma mai rilassate e quel suo vestire in jeans e
maglione blu scuro…suscitavano ammirazione e cauti desideri di possesso.
Fra gli amici ce n’era uno particolarmente carino, Robert,
con cui prese a incontrarsi. Era un giovane laureato di Oxford che svolgeva
funzioni di assistente nei corsi postlaurea e a lei piaceva la sua grande
capacità di intuire assai bene ciò che le passava per la mente. Si era così
stabilito fra loro un affettuoso senso di amicizia e una spontanea sensazione
di complicità. Passeggiavano nel parco dell’università e Robert la portava a
condividere la felicità e lo stupore verso gli apparenti segni muti delle
numerose guglie e la invitava ad ascoltare le voci invisibili della storia
sedimentati in ogni angolo degli edifici. Nei week end le faceva conoscere le
migliori espressioni del patrimonio culturale della città, come l’Ashmolean Museum,
la Radcliffe Camera, lo Sheldonian Theatre. Lei lo prendeva sottobraccio, in
segno di gratitudine per il dono delle tante meraviglie, e così dialogavano.
“Sai, mi rendi
privilegiata per il tanto sapere di cui mi fai parte”.
E lui, facendosi un poco più vicino:
“Sono felice di renderti amabile questa mia terra”.
“Non solo amabile ma piena di fascino… amo respirare il
sapore della storia antica e mi intenerisce pure la vostra nebbia”
“Eh. La nebbia…tu vieni dalla terra del sole e qui si vede
solo a sprazzi.”
“Certo…nella mia terra si passa dal sole cocente al fresco
imbrunire, all’ora che intenerisce i cuori e a quella della luna che rende
fiabesca la mia Umbria”.
“Forse…un giorno verrò a visitare l’Umbria e allora sarai tu
a farmi da guida.”
Sul bel viso di Laura comparve un’ombra di sorpresa e di
timore perché aveva colto nelle ultime parole di Robert una nota di tristezza.
“Un giorno… Robert… magari nelle prossime vacanze natalizie?
Sai Assisi, in quel periodo, tutta in una festa di luci e di splendore, è
fantastica…!”
“Dico un giorno… perché il tempo per me intreccia diversi
piani ciascuno dei quali decide del mio destino…”
Lei si fermò e, seria, lo guardò.
“Scusa Robert… sarà
meglio che parliamo d’altro.”
“D’accordo…”.
Ripresero a passeggiare in silenzio e, dopo un po’, lui le
propose di andare ad un pub.
Lei si lasciò amabilmente guidare, attenta e desiderosa di
ogni nuova scoperta e con genuino stupore si trovò, dopo la Broad Street, sul
misterioso e fascinoso Ponte dei sospiri, chiedendosi, tra sé e sé, se lui
cercasse simboli da seminare sul percorso, mancando di coraggio ad esprimere in
voce i suoi sentimenti. Le parve di trovarne conferma nella stradina assai
stretta che li portò al pub The Turf Tavern, ove, appena entrati, si sollevò un
coro di “hallò Robert, hallò Laura..”. Restò un attimo in imbarazzo, pensando
“Lui è certamente conosciuto, ma come sapevano il mio nome...?”. Riacquistata
presto disinvoltura, disse “Hallò a tutti…sono felice… tra voi”. Era gente
spontanea, senza freni…bevitori incalliti di pinte di birra. Alzavano la voce,
esplodendo in risate, con una libertà piena, espressa pure nel capriccioso modo
di vestire e nell’improvvisare animate discussioni di politica, di cultura, di
arte, sbottando in pareri e sentenze, alcune accettabili, altre di dubbio
senso. L’ambiente faceva a pugni con la razionalità di Laura, ma conservava
interesse allo spettacolo, anche perché veniva a scoprire Robert sotto un’altra
veste La turbò e la rese pensosa quel suo modo di salutare gli amici con baci e
abbracci e bere birra sorridendo a tratti sguaiatamente. Lei si limitò a
sorseggiare solo un bicchiere di birra e poiché gli occhi avevano cominciato a
bruciarle per la densa cortina di fumo, chiese a Robert di riaccompagnarla al
college.. Giunta nella sua cameretta, si mise a riflettere sulla recente
esperienza e non senza una sottile inquietudine. “E’ evidente -pensava- che
Robert era conosciuto da tutti in quel Pub, forse perché abituale ospite, ma, se
conoscevano il mio nome, certo avrà parlato di me in anticipo, prima di
portarmi lì …e perché? E in quali termini...? Devo venire a capo della
questione!”.
Nei giorni successivi Robert non si fece vivo. Solo alla
fine della nuova settimana la chiamò, chiedendole di raggiungerlo nel parco. Laura
era curiosa di scoprire l’altro Robert, come ormai lo aveva denominato, e si
recò là ove di solito avevano preso ad incontrarsi. Il giorno era stranamente
sereno, ma assai ventoso. Laura alzò il bavero della felpa e si rannicchiò nel
suo cappottino rosso. Lo vide avanzare a passi lenti e montgomery svolazzante.
La salutò con voce esitante e si sedette vicino. Laura gli rispose con un cenno
del capo e un sorriso quasi impercettibile e disse
“Ti ascolto, dunque”.
“Non ci vorrà molto -lui sussurrò- conoscendoti. Ho sperato…
ho cercato… di cambiare il corso del mio destino… sei meravigliosamente bella e
ho voluto che ti conoscessero anche i miei amici…un mio amico… del pub… ma non
è valso a nulla… il mio amico. Il mio compagno di vita ha minacciato di
uccidermi e poi di uccidere te… se cambio partner, se non resto con lui … non
mi resta altro che scusarmi con te e dirti addio…”.
Laura ascoltò le parole senza turbarsi troppo perché già
aveva il presentimento di un altro Robert… e presagli la mano destra gli parlò.
“Che altro dirti caro amico, se non che
l’incontrarci è stato importante, che sarà sempre un "pezzo"
importante nella mia storia di donna e credo pure nella tua e devi dire al tuo
compagno che non abbia timore. Noi siamo stati amici e spero di poter rimanere
tali”.
Lo avrebbe abbracciato, ma non lo
fece, non poteva farlo, ma col pensiero in quel luogo e in quel momento era
stretta a lui.
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