Vespina Fortuna
All’improvviso fu notte.
Si spense anche l’ultima luce alla
finestra.
Ogni stella sparì dal cielo e
scomparvero tutte le ombre, all’improvviso.
Due gatti neri camminarono a passo
felpato rasentando il muro del vecchio capannone in disuso.
Non un rumore in giro né un alito di
vento.
D’un tratto, il cancello del cimitero
stridette riecheggiando negli scuri viali delineati da alti pioppi appuntiti.
Il pianto di un bimbo scosse le foglie
del sicomoro e fu allora che una pioggia d’argento cadde a lavare la notte.
Il gallo urlò con voce strozzata ed un
timido sole provò a riaffacciarsi tingendo il cielo di un’aurora dai tenui
colori pastello.
La luna si riaccese lontana e piccina
mostrando ancora i segni di un lungo pianto dirotto. Non furono gocce di
pioggia, dunque, ma lacrime lunari a lavare quel nero sudario.
L’uomo, ignaro, fu perdonato ancora una
volta e, lentamente, spuntò il nuovo giorno.
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