di Paolo Brondi
(La felicità è a portata di mano? Persino la memoria dei
sapori può venirci in aiuto)
La felicità pare
residuata a un nome nel dizionario. Se ne possono comunque ricercare le tracce,
disseminate nei vari luoghi della cultura. “Essere qui è stupendo”, dice R. M. Rilke
(Lettere a un giovane poeta, Adelfi,
Milano, 1985), significando l’impossibilità di sottrarci del tutto all’effimero
e alla banalità delle ore e dei tempi.. ma anche la necessità di non essere
soccombenti, di non subire cioè tutta la forza negativa del banale e di
educarci e rieducarci a cercare sempre un senso, una traccia di felicità.
Espressiva la metafora antica dell’ “anima alata” (dal Fedro di Platone) che finché è in alto, fino a che trascende e spazia liberamente, è naturalmente felice.
Espressiva la metafora antica dell’ “anima alata” (dal Fedro di Platone) che finché è in alto, fino a che trascende e spazia liberamente, è naturalmente felice.
Il problema sorge
quando cade, quando si mescola alla materia. Allora può subire le negatività
delle opinioni, delle chiacchiere che pure hanno tanta forza da radicarsi nelle
coscienze e da spingerle per ogni dove…fino a perdere le ali. Non tutti sono
destinati a perdere le ali… c’è libertà e modo di riprenderle. Ne è indicata la
via (dal Simposio di Platone) che è quella di non trascurare le richieste
dell’anima che sono la saggezza, la moderazione, la giustizia. L’orizzonte
sempre più si accorcia in tempi in cui non più si sente il sapore delle lezioni
antiche e lassa appare la coscienza di chi non ha spazi per meditare. Seguire la
via del sapere può far giungere infine a rompere la scorza che nel presente non
permette di far apparire ciò che vi è nascosto.
Non lo permette a chi
ha in cuore la vita comoda, "Ah!
Quanto poco sapete voi della felicità dell’uomo, voi gente pacifica e bonaria”
(Nietzsche, La Gaia scienza, Adelphi,
1965), e non sa superare l'inerzia di accontentarsi dell'arraffare senza
compromettersi. Non sa, o non ricorda, la gioia delle piccole cose: "Nel
momento stesso che quel sorso misto a briciole di biscotto toccò il mio palato,
trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso
mi aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M’aveva subito resi
indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità inoffensive, la sua
brevità illusoria .. Colmandomi d’un’essenza preziosa.. D’onde m’era potuto
venire quella gioia violenta?” (Proust, La
strada di Swann, Einaudi, 1978) .
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